da Liberazione
di Checchino Antonini
«Dal basso e dall’opposizione. E senza sciogliersi». Non è la costruzione della sinistra (plurale e unitaria) l’oggetto del contendere al prossimo congresso del Prc. E nemmeno la responsabilità della sconfitta: «Siamo tutti responsabili», ripete – provando a smentire frettolose sinstesi giornalistiche – Paolo Ferrero, ex ministro della Solidarietà sociale nel defunto governo Prodi, e firmatario, con Maurizio Acerbo, Claudio Grassi e Ramon Mantovani, della mozione di maggioranza che ieri ha presentato in un teatro di Genova.
La divisione nel gruppo dirigente, è stato spiegato, è stata sui modi con cui parte di quel gruppo ha iniziato a prefigurare il nuovo soggetto e il superamento del Prc: dall’alto e senza discutere, già nel corso della campagna elettorale. Per questo, settori che avevano votato la mozione 1 a Firenze e l’area Grassi hanno deciso di rilanciare l’utilità del Prc «per l’oggi e il domani», consapevoli che questo partito sia strumento «necessario ma non sufficiente» e che l’urgenza sia la costruzione dell’opposizione sociale e di massa al governo Berlusconi. Pena, ha avvertito Ferrero, la «sparizione dalla società» oltre che dal Parlamento.
La sconfitta viene «dall’incapacità» di conseguire gli obiettivi per i quali «eravamo stati eletti», il Pd s’è dimostrato permeabile ai poteri forti, sordo alle istanze dei movimenti (il Dal Molin) e inaffidabile nell’attuazione del programma. «Così la nostra gente ci ha percepito come inutili». Per Ferrero l’autocritica deve partire dal congresso di Venezia, dall’errore nell’analisi dei rapporti di forza. «Finché non cambiano, l’opposizione sarà una scelta di fase (e non solo obbligata in quanto extraparlamentari)». In misura minore l’incidenza nella sconfitta dell’Arcobaleno così com’è venuta fuori, «senza elementi di appartenenza e di partecipazione». Anche qui l’autocritica è netta: «E’ risultata sbagliata l’idea di sommare i voti con un accordo di vertice». Il punto, dunque, è «cosa fare del Prc». «In 15 anni la verticalizzazione del Partito ha bruciato le tappe»: non c’è solo il leaderismo, per Ferrero, ma serve una riscrittura complessiva del rapporto tra centro e periferia: «Una forbice da chiudere», ha detto introducendo il punto del rovesciamento del percorso di costruzione della sinistra. Per ricostruire l’utilità sociale si dovrà partire da forme di mutualismo e di radicamento, da Case della sinistra e da vertenze contro grandi opere, razzismo, in difesa del contratto nazionale. Un processo di aggregazione che parta da pratiche sociali, a cui l’area che fa riferimento a Ferrero intende partecipare «da comunisti, senza scioglierci, come soggetto collettivo, senza ambiguità sul livello internazionale: o saremo la sinistra della socialdemocrazia, o saremo la sinistra alternativa». Costituente della sinistra e costituente comunista, per Ferrero, sono processi speculari e negativi rispetto alla costruzione dei movimenti. Dopo la bocciatura in Cpn della proposta di un congresso per tesi, Ferrero ha rilanciato la necessità di una gestione unitaria del partito non appena il congresso avrà scelto la linea politica: «Non deve risuccedere che chi vince prende tutto come a Venezia». E se l’area che ha scritto la mozione non ha indicato un candidato segretario, è per un rifiuto della democrazia plebiscitaria, «che è un aspetto dell’americanizzazione». Il riferimento è all’«autocandidatura del compagno Vendola, splendido compagno ma che rischia di trasformare il congresso in una sorta di primarie». A voler fare un titolo si potrebbe utilizzare la formula “Rifondazione della rifondazione”. In fondo può essere utile un cenno al contesto in cui è avvenuto il dibattito cui hanno preso parte anche alcuni non iscritti e indecisi: se nella fase precedente, Genova è stata emblematica per la vicenda del movimento altermondialista e del ruolo del partito in quel laboratorio politico, ora lo è della crisi del Prc e dello stop al processo della Rifondazione. All’indomani della nomina ad assessore comunale del “vecchio” segretario di federazione, Pastorino, la conflittualità interna al gruppo dirigente nella gestione del partito ha portato la federazione al commissariamento. Tra i firmatari del documento: l’assessore regionale all’Ambiente Zunino; Nesci, Poselli e Conti del Cpn; Pezzolo, figura storica tra i portuali, i segretari di Savona e del Tigullio, l’ex parlamentare spezzino Ulivieri.