di Bianca Bracci Torsi (Direzione nazionale del PRC)
su Liberazione del 17/05/2008
Caro direttore, nel dotto intervento di Girolamo De Michele sulla letteratura noir appare, un po’ a sorpresa, un giudizio fra parentesi su Togliatti «la cui penna era imbevuta di dotte citazioni tanto quanto le sue mani del sangue degli anarchici e dei trotzskisti».
Insieme al “giuslavorista Ghezzi”, Togliatti è citato come esempio della comprensione dei mutamenti di uno spaccato della società ma solo per lui c’è un giudizio criminalizzante così tranchant e definitivo. Per evitare il rischio di dare una immagine positiva di un uomo al quale l’autore riconosce il merito di una tempestiva comprensione di «quel reale che continuamente si trasforma»? O per non perdere occasione di dichiarare quella che ritiene una verità assoluta? Non ho nulla contro De Michele che, per mia insufficienza, non conosco, ma la sua frase mi fa riflettere sulla diffusa abitudine di riferirsi a Togliatti, e più in generale alla storia del Pci, solo in termini negativi salvando appena i suoi, veri o presunti, dissidenti, sbrigativamente definiti “la sinistra”, quasi mai nel contesto di una seria analisi storico-politica. E non parlo di chi, come il gruppo dirigente del Pd, è preoccupato di rifarsi una verginità liberista cancellando o negando il proprio passato comunista, ma di compagni che comunisti si dichiarano e sono, anche aderenti al nostro partito. Non credo di avere miti positivi o negativi. Nella mia lunga militanza nel Pci ho avuto, come tutti, momenti di piena condivisione, di perplessità, di dissenso sempre espressi con chiarezza nell’ambito del centralismo democratico, questo sì vissuto con piena convinzione (è una brutta parola? Scusa ma sai bene che a volte non uso un linguaggio castigato). Nel Prc ho lavorato con compagni di cui non condivido le analisi ma rispetto le scelte: trotzskisti, ex brigatisti, che non mi sognerei mai di definire assassini o seguaci di assassini. Sono pronta a ragionare su tutta la storia del movimento operaio, compreso il Pci, con i suoi successi e i suoi errori ma, appunto, su tutta non escludendo nulla e nessuno in un dibattito documentato e aperto a tutta la sinistra anticapitalista. Non posso però accettare giudizi sommari, dati per scontati, né, tantomeno, il considerare un pezzo importante della nostra storia e i suoi protagonisti qualcosa di vergognoso da dimenticare o respingere in toto. Proprio come avviene quando un giudizio è espresso tra parentesi, quasi con noncuranza, in modo da non richiedere spiegazioni e/o prove di ciò che si afferma.