Il 14 maggio di 74 anni fa, un giorno prima che scadesse il mandato britannico sulla Palestina, Ben Gurion (capo dell’organizzazione sionista mondiale fondata da Theodor Herzl, giornalista austriaco), padre del sionismo, proclamò la nascita dello stato di Israele che non fu una nascita stabilita dall’ONU ma fu una autoproclamazione oltretutto su un territorio abitato in maggior parte da arabi, con una piccolissima percentuale di ebrei.
L’occasione fu fornita dalla risoluzione ONU 181 del 29 novembre 1947, risoluzione che avrebbe dovuto portare la pace in quella zona dove gli arabi erano la maggioranza rispetto al 6% di ebrei. Herzl non pensava affatto di portare gli ebrei della diaspora in Palestina, ma nessuno voleva andare in America o in Africa ed allora, mettendo in campo la mitologia biblica del “popolo degli eletti”, rivolse lo sguardo verso la Palestina.
Intanto il mandato britannico veniva restituito, anche perché i vari gruppi terroristici sionisti colpivano strutture britanniche in modo che lasciassero il territorio dove si erano insediati, ricordiamo il massacro del luglio 1946 al King David di Gerusalemme che provocò un centinaio di morti per mano dei terroristi ebrei dell’Irgun e della banda Stern ai cui vertici si trovavano Begin e Shamir che divennero, nel tempo, importanti e stimati statisti israeliani. L’approvazione di tale scempio era stata data da Ben Gurion, padre fondatore e primo presidente di Israele.
Il 14 maggio del 1948 Ben Gurion proclamò la nascita illegale dello Stato di Israele, leggendo la dichiarazione di indipendenza alla radio Kol Israel .
Poche ore dopo la dichiarazione di Ben Gurion l’esercito mandatario inglese lasciò la Palestina dando via libera alle violenze e atrocità iniziate il 15 maggio contro i villaggi palestinesi.
INIZIAVA COSI’ LA PULIZIA ETNICA, la NAKBA, la CATASTROFE.
Le formazioni paramilitari israeliane dell’Haganà, aiutate dai movimenti terroristi dell’Irgun e della banda Stern che già operavano in terra di Palestina anche sotto mandato inglese, distrussero in pochi giorni 432 villaggi di varie dimensioni. Città come Haifa o Jaffa vennero occupate e bombardate. Gli abitanti cacciati o uccisi o costretti a fuggire per il terrore di essere a loro volta uccisi o fare la fine degli abitanti di Deir Yassin, di Abu Shuba, di Al Arabiya e come quelli di tanti altri villaggi, massacrati senza pietà.
800mila palestinesi furono costretti a lasciare le loro abitazioni portando con sé l’unico ricordo della propria casa, LE CHIAVI, convinti che l’ONU avrebbe, prima o poi, ristabilito i loro diritti e che gli eserciti arabi avrebbero costretto Israele a fermarsi. Ma non andò così, la guerra è andata avanti con vittorie sempre più smarcate di Israele, forte di una dotazione militare abbondantemente aiutata da Washington non solo con mezzi da guerra ma anche con miliardi di dollari.
Iniziò così la Diaspora palestinese, paradossalmente lo stesso anno della dichiarazione dei Diritti Umani, mentre alla faccia del diritto i Palestinesi si videro privati di ogni diritto da parte di uno stato che voleva e vuole tutt’oggi eliminarli dalla loro Terra, distruggerne la cultura e la memoria per fare in modo che questa Terra diventi per loro invivibile.
Nel dicembre del 1948, l’ONU vista la terribile situazione dei Palestinesi sotto occupazione e ferocie violenza di Israele, emanò la Risoluzione 194 con la quale dichiarava il diritto al ritorno nelle loro case e nelle loro terre dei profughi palestinesi, ma Israele non ha mai riconosciuto tale diritto, lo stesso diritto per il quale i palestinesi di Gaza hanno manifestato per ben tre anni con la GRANDE MARCIA DEL RITORNO, marcia pacifica dove i cecchini israeliani attuavano una specie di “tiro al piccione” dalle alture che dividono Gaza dai confini illegali di Israele, che ha procurato più di 300 morti fra i manifestanti e centinaia di mutilati, nell’indifferenza generale del mondo, nessuna sanzione, solo un richiamino ad essere meno “cattivello”.
Mai nessuna risoluzione ONU è stata rispettata da Israele che ha continuato a mangiare terra palestinese, a cacciare i suoi abitanti, a creare insediamenti illegali per coloni ebrei, fino ad arrivare ad oggi con la triste storia, non ultima scintilla provocatoria di Israele a Gerusalemme Est, a Sheick Jarrah dove famiglie palestinesi vengono espropriate dalle proprie case, riaprendo una ferita molto profonda del popolo palestinese che continua a subire la pulizia etnica iniziata nel 1948 ed ancora non terminata.
Il 15 maggio si commemora la NAKBA, contro il volere di Israele che ha votato, alla Knesset, il suo Parlamento, nel 2010, una legge che punisce i palestinesi con cittadinanza israeliana che commemorano la “catastrofe”, Israele non vuole “tristezze” nel giorno della ricorrenza della nascita del suo stato, la memoria dei palestinesi non deve avere visibilità, la pulizia etnica ha le sue regole, la memoria degli eccidi deve essere dimenticata.
Ma la memoria della NAKBA non sarà mai dimenticata e sarà il tormento perenne nel ricordo doloroso del popolo palestinese ma anche di Israele, nonostante che venga vietato la storia nei libri di scuola e la carcerazione per chi osa mostrarsi in strada con i cartelli della “memoria”.
Mariella Valenti
Reponsabile internazionalismo e immigrazione Federazione livornese Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea