Sheikh Jarrah, Gerusalemme Est – Palestina.
Erano le 3 di mattina a Sheikh Jarrah, e la famiglia di Mahmoud Salihiya dormiva nella sua abitazione, stanchissimi perché da giorni sorvegliavano la loro casa insieme ad altri compagni palestinesi dalla demolizione già annunciata dalle forze di occupazione israeliane. Nei giorni precedenti il 19 gennaio, le forze militari delle unità Yaman e al Yaman (forze speciali usate per “scontri” importanti) avevano circondato l’abitazione e la zona circostante, ma Mahmoud la sera del 18 gennaio era andato a dormire con la sua famiglia pensando che di notte i bulldozer non sarebbero arrivati e che la “resilienza” sarebbe ricominciata il giorno dopo. Purtroppo si è sbagliato, i bulldozer sono arrivati per fare lo sporco e rumoroso lavoro che si univa al pianto dei bambini ed alle grida di disperazione delle donne della famiglia Salihiya. La polizia israeliana ha arrestato alcuni componenti della famiglia mentre gli altri chissà dove andranno a finire. Pensando al lato giuridico della storia di Sheikh Jarrah è che questo quartiere si trova a Gerusalemme Est, territorio palestinese occupato nel 1967 e che quindi vieta alla forza occupante di cacciare i nativi per insediare i propri coloni. Le famiglie palestinesi vivono nel quartiere dagli anni 50, le case sono di loro proprietà, acquistate dalla Giordania e dalla Agenzia ONU dell’Unrwa per dare un tetto a quei palestinesi con le loro famiglie cacciate dalle case della parte ovest della città; case dal valore di milioni di dollari e cifre mai risarcite quando si è creato lo Stato di Israele nel 1948 e Gerusalemme è stata divisa in due, la parte Ovest sotto “tutela” israeliana, la parte Est dalla Giordania.
Nel 1970 è stata approvata una legge razzista e discriminatoria che permette ai coloni ebrei di reclamare case forse appartenute a famiglie ebree nel periodo Ottomano, e prima della creazione dello Stato di Israele. Una situazione assurda che però viene largamente messa in atto da Israele che mira alla “pulizia etnica” per conquistare più territorio palestinese senza la presenza di palestinesi; tutti uniti: l’esercito, la polizia e la Corte suprema, quindi la legislazione.La questione delle case di Sheikh Jarrah o Silwan, la loro demolizione, non è altro che la continuazione del progetto di Israele nel portare avanti la Nakba. E’ uno Stato che pratica l’apartheid applicando leggi diverse a seconda del gruppo etnico e religioso a cui appartieni, se sei della destra religiosa allora puoi reclamare il “diritto al ritorno”, ma se sei un palestinese il tuo “diritto al ritorno” è proibito. Le politiche discriminatorie di Israele a Gerusalemme, incluso lo sfollamento programmato, sono costanti, e dei palestinesi si dice che sono una “bomba demografica” da controllare e questo “equilibrio” tra palestinesi cristiani, musulmani e ebrei è alla base della pianificazione municipale e delle azioni statali. Tutto questo viene attuato in una molteplicità di modi, con la costruzione di insediamenti nei quartieri palestinesi, la demolizione delle case e la revoca dei diritti di residenza che dal 1967, si stima intorno ai 15.000 palestinesi privati del loro status di residenza.
E’ palese a tutti che Israele vuole giudaizzare la città, è scritto nelle targhe nelle vie di Gerusalemme, e questo progetto è stato aiutato anche dall’ex presidente USA, Trump, quando ha dichiarato Gerusalemme, capitale unica ed indivisibile di Israele, violando il diritto internazionale e le risoluzioni ONU.
Una continua e feroce sofferenza perpetrata contro famiglie palestinesi, contro una popolazione palestinese sotto occupazione da più di 70 anni, con l’indifferenza della comunità internazionale che, al contrario, dovrebbe avere l’obbligo politico, morale e legale di agire in difesa della giustizia e di sostenere il diritto internazionale di un popolo represso ed occupato illegalmente.
Mariella Valenti (Resp. immigrazione PRC Livorno)