Gli intrecci sulle vicende portuali accadute in questi giorni solo la punta dell’iceberg di quanto realmente sta accadendo nel nostro scalo. Mentre la Magistratura indaga sulla gestione un’area “calda” del porto, dove si è operato da anni attraverso lo strumento dell’occupazione temporanea, abbiamo una serie di prese di posizioni scaturite dal diniego del Comandante della Capitaneria Giuseppe Tarzia a far utilizzare un accosto pubblico ad una nave su cui opera il concessionario Sintermar. In realtà tutto questo è il frutto di nuovi assetti che si stanno realizzando in porto, nel quale la ricchezza prodotta è assorbita dagli armatori che sono scesi a terra, per compensare le forti perdite che hanno nelle loro attività primarie. In questa situazione è il lavoro che subisce le maggiori perdite: sul piano salariale, dei diritti e dei livelli di sicurezza. Il potente Grimaldi è il teorico del fatto che i porti non devono guadagnare, ed è quello che sta accadendo. Soprattutto nel settore dei ro-ro è aperta una guerra di ribasso tariffario che si ripercuote sul lavoro portuale. L’armatore chiede ribassi tariffari, il terminalista configura la propria struttura organizzativa, arrivando anche a far fare tre turni consecutivi ai propri dipendenti. Non è un mistero che sulle navi traghetto vengono fatti avviamenti di 12 unità di personale addetto al rizzaggio su 10 “ralle”. Un ritmo infernale dove la sicurezza del lavoratore non esiste. Gli altri soggetti che vengono spremuti sono le imprese autorizzate ai sensi dell’art. 16, alcune delle quali hanno assunto personale part time a 16 turni a cui fanno fare 26 – 30 giornate mese. Intanto abbiamo l’Agenzia del Lavoro Portuale che è sotto utilizzata e alcuni lavoratori (ex Lucarelli) a cui sono scaduti gli ammortizzatori sociali senza che si sia trovata per loro una soluzione. Grimaldi chiama e metà del gruppo parlamentare di Forza Italia fa, in tempi rapidissimi, un’interpellanza urgente al Ministro. Lo stesso promotore dell’atto, Onorevole Mulè, afferma sulla stampa locale. «…sarei arrivato facilmente a 104 nomi, sennonché abbiamo raccolto le adesioni nel giro di poche ore e ci siamo fermati a 36…» Se tutto questo interesse espresso per il diniego di un accosto, si fosse messo in campo per risolvere i problemi infrastrutturali, avremmo fatto grandi passi avanti per il superamento della crisi che continua ad interessare il porto la città ed il suo territorio. Con la disinvoltura che lo contraddistingue, il Sindaco Nogarin segue a ruota, avendo fatto da tempo la scelta di rappresentare i poteri forti della città e del porto, dimostrando una distanza abissale fra quelli che sono le problematiche che riguardano il lavoro e i lavoratori. Le minacce di abbandono dello scalo labronico da parte di Grimaldi fanno parte di una “sceneggiata” poco credibile dato che questo armatore ha avuto nel nostro porto condizioni davvero vantaggiose. Quello di Livorno è il suo porto della cuccagna. Insomma, la bolla finanziaria preconizzata dal Professor Sergio Bologna è in parte scaricata sui porti. Anche a Livorno è in atto il tentativo di far passare l’idea che il nostro scalo stia vivendo una sorta di “fase dell’oro”, ma non è così. Se il maggior conflitto si evidenzia nel settore dei Ro-Ro, non significa che in altri settori commerciali vada meglio e la costante è sempre quella dell’armatore che scende a terra. Nel settore dei contenitori abbiamo di fatto due terminal concorrenti specializzati in questa merceologia, quando nel Piano Regolatore Portuale e nella logica organizzativa di un porto come il nostro, dovrebbe esserci un solo terminal. Ma MSC è potente e può permettersi di operare fuori da una logica di corretta programmazione portuale. L’influenza degli armatori-terminalisti è riscontrabile anche a livello nazionale. Prendiamo ad esempio il tavolo aperto sul rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale dei Lavoratori dei porti. All’interno delle Associazioni datoriali che prima rappresentavano solo i terminalisti puri, vi è stato un innesto di armatori che fanno anche i terminalisti. Se, come abbiamo affermato, la loro logica è quella di scaricare sui porti le loro perdite, non avranno alcun interesse chiudere il rinnovo contrattuale con qualche recupero salariale per i lavoratori portuali. Infatti la loro posizione, che sta prevalendo al tavolo delle trattative, è quella di negare anche il minimo incremento salariale ai lavoratori dei porti, così come la costituzione di un fondo che affronti il problema degli esuberi là dove esistono. Sul fronte del tavolo nazionale del contratto vi è infine una posizione all’interno di Assoporti, sostenuta in particolare dal Presidente e dal Segretario dell’Autorità si Sistema livornese, i quali vorrebbero separare il contratto dei dipendenti delle Autorità portuali dal resto dei lavoratori, realizzando di fatto l’annullamento del Contratto Unico dei Porti. Tornando alla realtà livornese non va sottaciuto come gli stessi vertici dell’A.P abbiano pensato bene di smantellare l’Ufficio del Lavoro Portuale, cancellando di fatto un servizio ispettivo che monitorasse costantemente la situazione del lavoro e del rispetto delle regole del porto. Eppure i due continuano imperterriti su questo fronte dimostrando di avere una visione “pro tempore”, misurata sui tempi di scadenza dei propri mandati, non pensando che una struttura amministrativa forte serve anche e soprattutto quando si avvicenderanno i soggetti che in futuro ricopriranno queste cariche. Per questo non c’è da meravigliarsi se altre istituzioni riempiono lo spazio vuoto lasciato dall’Autorità Portuale livornese. La politica livornese si sveglia quando ci sono scosse di terremoto, il sindacato locale non riesce ad avere una visione organica che gli permetta di esprimere con forza un’azione su obiettivi chiari che pure sono presenti in tutta la portualità italiana. Senza l’unità dei lavoratori del porto non si va da nessuna parte e sempre di più l’interesse particolare dei Grimaldi di turno prevarrà sull’interesse generale. Fra pochi mesi si svolgeranno a Livorno le elezioni amministrative e quello del porto diviene un terreno fondamentale affinché la Sinistra livornese esprima chiaramente un segno di discontinuità rispetto ai governi locali che si sono succeduti, compresa l’amministrazione Nogarin, che hanno strizzato l’occhio a quel mondo imprenditoriale che ha praticato processi di compressione e marginalizzazione del lavoro e dei lavoratori.
Segreteria Partito della Rifondazione Comunista – Livorno
Segreteria Partito Comunista Italiano – Livorno