Rilanciamo, come contributo alla discussione in corso sulla situazione politica e sulle prospettive di Rifondazione Comunista, un contributo del compagno Gianluigi Pegolo del Comitato Politico Nazionale.
Aprire il confronto
In un articolo apparso su “il manifesto”, Il gruppo dirigente del PCdI, ha rivolto al segretario e agli iscritti del Prc un appello per l’unità dei due partiti. L’ha fatto sulla base di alcune argomentazioni: la gravità della condizione sociale, la presenza di un governo Renzi pericoloso, il venir meno di molti elementi di divisione presenti in passato nelle posizioni dei due partiti, la consapevolezza che si pone un problema più ampio di unità a sinistra, la necessità di dare un riferimento a quanti si richiamano al comunismo. Non è la prima volta che il tema viene posto, ed è stato oggetto di confronti anche aspri in passato, ma questa volta va attentamente considerato, anche in ragione delle novità della fase.
La mia posizione a tale riguardo è molto semplice: il confronto va accettato, senza astuzie e senza precondizioni. E in questo confronto va definita l’unità possibile senza limiti pregiudiziali. Questa mia convinzione muove da alcune considerazioni.
La prima: non è possibile che tutta la discussione a sinistra avvenga con l’assunzione dell’antiliberismo come unico riferimento. Chi risponde che nell’antiliberismo trova posto anche una critica anticapitalista e comunista, in realtà elude la questione, perché il problema è che in questi anni quel punto di vista è stato appannato da una ricerca dell’unità a sinistra su un minimo comun denominatore che ha, di fatto, azzerato il ruolo dei comunisti e di una critica anticapitalista. Dirò di più, per cercare a tutti i costi l’unità, si è cercato spesso il dialogo con soggetti animati da un livore anticomunista, mentre si è considerata l’interlocuzione con i comunisti e le forze anticapitaliste inessenziale o addirittura inopportuno.
La seconda considerazione: il processo unitario messo in campo fino a ora è tragicamente fallito. Qualcuno sostiene che si tratta di una momentanea battuta di arresto. A me non pare proprio. Quello che io vedo è, da un lato, Sinistra italiana e, dall’altro, un’Altra Europa per Tsipras, con dentro il PRC, in preda a una crisi evidente. Se in questa situazione il PRC non si assume la responsabilità di aprire interlocuzioni con altre forze, sia politiche che sociali, in grado di mettere in campo un valore aggiunto, rischia semplicemente o l’emarginazione totale o l’assorbimento subalterno nel progetto di Sinistra italiana. La crisi in cui versa l’Altra Europa per Tsipras e gli scivoloni opportunisti cui ogni tanto si assiste, dovrebbero dirci molto dei pericoli insiti nella situazione.
La terza considerazione: non è possibile dare una prospettiva vera a Rifondazione comunista se non si mette mano al partito, se non si riaggregano forze e non lo si fa diventare un vero protagonista della scena politica. E’ l’equivoco sul quale si reggono alcune declamazioni sull’importanza del partito, non accompagnate da un impegno adeguato e dal recupero di un vero protagonismo. Fa specie costatare che uno dei principali interlocutori assunti in questi anni da Rifondazione, e cioè SEL, rompe in un attimo l’unità, dà il via alla costruzione di un nuovo partito e si pone come leader in pectore di ciò che vi è a sinistra del PD. E il PRC che fa? Sta a guardare speranzoso o si pone il problema di rimettere in piedi un partito forte, di mettere in atto processi politici, di assumere un suo ruolo visibile, insomma di fare per davvero politica?
Per tutto questo, un segnale di ricomposizione dei comunisti (e non solo del PCdI) e delle forze anticapitaliste, sociali e non, va dato. Questo non significa certo finire in un politicismo simmetrico a quello fino ad ora praticato, illudendosi che origini comuni o storie comuni bastino. Siamo coscienti che nel corso di questi anni i percorsi, le pratiche e le posizioni si siano spesso divaricate. Inoltre, e’ chiaro che essenziale per l’unità sono le convergenze sulle scelte politiche immediate e di prospettiva e le pratiche sociali concrete. Su questo bisogna essere rigorosi, ma attenzione, quest’argomento non può diventare un alibi per eludere un confronto, magari per privilegiare rapporti con altri soggetti, anche molto ambigui, o per disconoscere la necessità di favorire la ricomposizione delle forze.
Senza il coraggio di cercare sintesi alte in un confronto più ampio, lo stesso ruolo di Rifondazione Comunista è destinato a impoverirsi e a divenire marginale.
29 febbraio 2016
Gianluigi Pegolo, CPN del PRC