C’era una volta la Livorno città ribelle, figlia delle leggi livornine…
E c’erano una volta, nella nostra bellissima città, realtà lavorative importanti costituite da cooperative di lavoratori come lo sono state anche la Compagnia Lavoratori Portuali, la Cantiere Navale Fratelli Orlando scrl e i grandi poli industriali nel settore della trasformazione petrolifera e automobilistico, tali da garantire un livello occupazionale discreto nel tessuto urbano e nelle immediate vicinanze.
Oggi la realtà lavorativa nell’ambito degli stessi confini territoriali è a dir poco tragica, figlia di una crisi economica mondiale e di infelici scelte governative dalle quali è scaturito il jobs act; attualmente il licenziamento senza giusta causa è prassi quotidiana e questa cosa comporta l’imposizione da parte del padrone ed il conseguente assoggettamento della forza lavoro e ahinoi, anche dei sindacati, costretti ad accettare qualsiasi condizione venga imposta. Lavoratori a tempo fisso vengono licenziati e iscritti alle liste di mobilità per poi essere riassunti due volte a tempo determinato ed infine a tempo “indeterminato” con i conseguenti incentivi e sgravi riscossi dai padroni. Di pari passo, a tutti questi passaggi assai dolorosi e sgradevoli per i lavoratori anche di età avanzata e carichi di famiglia sulle spalle, vengono aggiunte rigide e severe regole da rispettare riguardanti i risultati produttivi da raggiungere. Tutto ciò ci riporta ad un periodo compreso tra il dopoguerra e gli inizi degli anni Settanta, quando uno dei motti della classe operaia era “partecipare alla elaborazione dei programmi produttivi” e che in seguito ha dato vita alla stesura dello Statuto dei Lavoratori.
Oggi quindi il datore ha il potere di fare ciò che vuole, anche di licenziare i propri lavoratori che verranno sostituiti da altri dipendenti pronti ad accettare qualsiasi condizione pur di avere un impiego. È prassi comune inoltre, che i diritti derivanti dallo Statuto dei Lavoratori vengano stracciati ed usati come pretesto per dare origine a contestazioni disciplinari.
Abbiamo bisogno, come lavoratori, di tutela e rispetto della nostra dignità di esseri umani. Ma per ottenerle dobbiamo innanzitutto partire da noi e far valere la nostra coscienza di classe.
Federazione livornese del Partito della Rifondazione Comunista