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di Franco Frediani
Il governo offre al paese un “contentino” per quanto riguarda le spese militari. Notizia ormai diffusa è quella di un ridimensionamento delle spese preventivate per l’acquisto di 131 aerei F35 che viene fissato invece a 90. Tutto ciò che porti risparmio è sicuramente ben visto da tutti, e Monti, da buon “tecnico politicizzato”, ha capito quanto conta l’immagine e la comunicazione, offrendo lo zuccherino agli italiani. Quello che rimane nel dubbio è “l’irrinunciabilità” del ricorso a tecnologie belliche quanto sofisticate. Con i capitali impegnati nell’acquisto di materiale bellico potremo sviluppare settori VITALI, necessari per un cambio di passo qualitativo della Nostra società. Il mondo della ricerca, non solo scientifica, potrebbe essere messo in condizioni di offrire maggiori e più utili risposte al posto di un F35!! La cultura della Pace non è ancora entrata nel Nostro sentire comune. Non ci aspettavamo certamente miracoli da un Generale, un Militare chiamato a ricoprire un ruolo politico nell’Esecutivo di Monti; come avrebbe potuto dimostrarsi soggetto neutro?! Il conflitto d’interessi, anche se di natura diversa da quello generalmente inteso, era e resta evidente. La Gente vuole pace e serenità, e questo non è il percorso che porta a quel traguardo. Le domande potrebbero levarsi numerose. Restiamo senza difesa? Rinunciamo alle armi? Bene, vediamo di dare una risposta sensata. Perché i vari stati e paesi non decidono di puntare alla ricostruzione (dalle fondamenta) di un Organo imparziale e supremo che vigili sulla pace nel Mondo? L’Onu è stato e continua ad essere troppe volte ostaggio di logiche politiche legate alle varie potenze, o superpotenze come vogliamo chiamarle, e questo lo rende solo parzialmente “efficiente”. Spendere molte altre parole non servirebbe a dare maggior senso rispetto a questo breve inciso. La difesa italiana non ha ragione di esistere se non fosse inquadrata (e così oggi è..!) in un piano più generale di alleanze militari. Ecco il motivo e la ragione di dover affrontare l’argomento in un contesto più ampio di quello prettamente nazionale. Comprendiamo benissimo quanto il cammino in questa direzione sia difficile e impervio, ma sacrificare miliardi in materiale bellico quando c’è chi non riesce a vivere (dobbiamo ricordare l’ormai cronica mancanza di lavoro, di prospettive, di un welfare che non include ma esclude, ed altro ancora??) ci resta impossibile da accettare!
Il ministro della Difesa parla di una riduzione del corpo militare, che oggi conta su 183mila unità, che prevede una defalcazione di 33mila unità fino a scendere a 150mila. A partire da questo momento?? No, sia mai. Tutto ciò che non riguarda “tagli”, drastici interventi sul mondo del lavoro, dei diritti e dello stato sociale, viene diluito nel tempo. Riduzione del 20%! Perché solo del 20% e non invece un cambiamento vero e proprio che dia il senso di una vera inversione di tendenza culturale del paese? Perché non pensare di cambiare la funzione del “militare” costruendo quella di soggetto attivo, professionista in ambito di protezione e tutela civile, sia per la salvaguardia del Territorio (vediamo quello che sta accadendo con le variazioni climatiche in questi giorni) che dei bisogni della Gente? Ci sfuggono i particolari che giustificano il mantenimento di un assetto militare che da solo sarebbe insufficiente e inutile da mantenere, oltre ovviamente, ai costi esorbitanti che questo comporta. Ancora una volta Monti parla di novità, quando in realtà rimane ancorato ad una visione obsoleta che riconduce tutto ad un sistema di alleanze che in realtà vincolano l’Italia a percorsi assolutamente non autonomi. Le parole del Premier sono chiare: “Il punto più importante di questo Consiglio dei ministri è stata la riforma del modello di difesa. Voglio sottolineare la grandissima importanza del settore per la vita nazionale e internazionale dell’Italia”. Monti cita il ministro della Difesa sottolineando come Di Paola “Ha presentato una riforma del modello di Difesa basata su una profonda analisi sia di tipo strategico, in relazione alle tematiche dello scenario internazionale e alle politiche della sicurezza della Nato e dell’Unione europea, sia basato su considerazioni economiche. Il ministro della Difesa si è reso interprete della necessità di grande attenzione alla spesa e agli equilibri economico-finanziari che caratterizzano l’Italia e non solo l’Italia in questa fase storica”. E’ forse questo l’esito dell’incontro avuto con Obama?? La brutalità con cui si offre la spiegazione di questa “manovrina” è allucinante. Si parla di sviluppo di attività lavorative attraverso la produzione di armi, e non ci vuole molto a capire che l’industria bellica avrà uno sviluppo non sottovalutatile. La ricostruzione del percorso governativo è stata ripresa con estrema precisione dalla Rete Italiana per il Disarmo che, attraverso le parole del suo coordinatore Francesco Vignarca, spiega con dovizia di particolari quello che è il vero significato delle decisioni prese dal CDM: “I soldi ricavati (ma non da subito) con il taglio di una parte del personale andranno invece solamente a coprire le maggiori spese previste per l’esercizio (formazione e manutenzione) ed investimento (sistemi d’arma). Il riequilibrio tra i costi del personale (attualmente si arriva quasi al 70%) e le altre voci di spesa militare non si configurerà come un dimagrimento dei fondi che lo Stato spende in questo comparto, sempre e stabilmente oltre i 21 miliardi di euro comprendendo anche soldi non inseriti nel bilancio del Ministero della Difesa. Con un vantaggio automatico e forte per l’industria a produzione militare e un assegno in bianco pronto ogni anno per pagare scelte di acquisizione di sistemi d’arma che una volta fatte vincoleranno il nostro Paese per decenni”. Impossibile non dargli credito quando lo stesso Di Paola, rivolgendosi alle agenzie di stampa, (mart. 14 febbraio, ndr.) era stato chiaro: “Ci sono investimenti importanti di realtà industriali che si stanno realizzando a Cameri, in provincia di Novara. Più di 20 aziende hanno vinto contratti, ci sono circa 10.000 posti di lavoro potenziali. Questa riforma che è incisiva tocca anche le capacità operative, certe capacità verranno ridotte e punteremo su altre. Un programma complessivo, lo dirò domani in dettaglio al Parlamento”.
Il ministro della Difesa dovrebbe inoltre cercare di interpretare meglio le parole di Gramsci che cita in maniera davvero impropria attribuendogli un significato di ben altro tenore da quello originario, senza ricorrere a dichiarazioni davvero sorprendenti: “Come disse una volta Gramsci, per essere cosmopoliti, bisogna prima avere una patria. E allora io dico: per essere più europei nella Difesa domani, bisogna essere più italiani oggi”, conclude lo stesso ministro. Oltretutto Di Paola cade in contraddizione richiamandosi ad un’amor di Patria che in realtà viene dirottato su logiche esterne all’Italia e da inquadrare in una logica di alleanze nelle quali siamo in realtà solo subalterni valletti!
Flavio Lotti,coordinatore della Tavola della Pace, si era già espresso in modo altrettanto chiaro affermando che “Ora tocca al Parlamento ed alle forze politiche di trovare le risposte a queste domande: a che ci serve comperare queste spaventose macchine da guerra? Dove e quando pensiamo di impiegarle? Quanto ci costa comprarle? Quanto ci costa mantenerle? Cosa potremmo fare con gli stessi soldi? E non ci sono solo gli F-35…”.
Come sostiene anche il presidente nazionale dei Verdi Angelo Boneli, “Qui non si tratta di essere italiani o europei ma di affrontare una crisi economica drammatica che sta mettendo in ginocchio gli italiani e gli europei: per cui è il momento che l’Italia rinunci a tutti i caccia bombardieri F-35 che rappresentano uno spreco enorme per il nostro paese e un’offesa a tutti i cittadini che il Governo ha chiamato a fare sacrifici enormi”.
Lasciamo quindi che il pensiero Gramsciano resti inalterato in chi lo ha sempre sostenuto e soprattutto nel suo significato. Siamo ancora una volta in presenza di un tentativo da parte del governo Monti di “far colpo” sull’opinione pubblica con provvedimenti parziali, insufficienti e inadeguati alla realtà.
L’argomento è vasto e potrebbe incidere in molti settori della vita sociale del Nostro paese. Sicuramente non è un lavoro a cui possono dare una risposta convincente dei “Tecnici”. La speranza che la Politica si riprenda dal suo lungo letargo e si riappropri dei suoi strumenti è sempre viva. Il Popolo italiano aspetta, impaziente!