Il consiglio comunale di Livorno ha approvato dalla delibera della giunta che aderisce all’ATO unico regionale e sancisce l’ingresso di AAMPS nella compagine sociale dell'”aziendona” toscana. Fin qui, potremmo dire, dove sta la novità? Perché che si spingesse verso la regionalizzazione nel settore dei servizi pubblici locali rispondeva ad una esigenza primaria: – limitare i danni della nuova ondata di liberalizzazioni imposta negli anni scorsi dal Governo Berlusconi; – tentare di migliorare in termini di riduzione dei costi ed integrazione, la qualità dei servizi erogati ai cittadini. In quella logica di “riduzione del danno“ stava pure l’idea toscana di stare a ridosso della “linea del Piave”, cioè nel limite “minimo” fissato dalla legge 166/2009, meglio nota come decreto Ronchi, al 40% di partecipazione del privato.
Che, se formalmente sembra garantire un qualche controllo pubblico, consegna a chi pubblico non è, la gestione reale dei rifiuti. Un’idea tutt’altro che disprezzata dal PD livornese (visto il precedente della svendita del 40%, per l’appunto, di ASA), ma che a noi ed ai movimenti di lotta per i beni comuni non è mai piaciuta, come testimoniano le durissime e comuni battaglie contro le privatizzazioni di questi anni. Nel frattempo però è successo qualcosa di enorme in questo paese, di cui non si vuole dare conto, 27 milioni di italiani hanno votato per bloccare le privatizzazioni e per dare il via alle ripubblicizzazioni delle gestioni che in questi anni hanno dimostrato il loro esito fallimentare, soprattutto sul piano dell’equità sociale, ma anche su quello della qualità degli stessi servizi. Che ne dicano i tecnocrati europei e nostrani che cercano – anche in queste ore – di mettere l’Italia sotto tutela, aprendo un problema democratico di enormi dimensioni, il referendum ha rappresentato il risveglio del paese dal sonno dogmatico della mercificazione progressiva dei beni comuni, dei beni pubblici, del lavoro e di molto altro ancora. Il voto del Consiglio comunale ci fa prendere atto che a Livorno, gli unici a non essersi svegliati sono il Sindaco, il PD e le ben “misere” stampelle di Api ed UDC. Eppure sbaglieremmo a non leggere nel voto del Consiglio un altro messaggio. La già debole coalizione votata dai livornesi due anni fa, malgrado le verifiche non esiste più e si continua a tirare a campare. Accanto all’opposizione di sinistra, si liberano forze dentro la maggioranza disponibili a fare della questione del blocco delle privatizzazioni e della ripubblicizzazione la base di una strategia alternativa a quella praticata, con i risultati che vediamo, in questi quindici anni, e probabilmente sono altre le questioni su cui è possibile trovare una solida convergenza. Ci sono in città larghi movimento di lotta e di opinione (90.000 livornesi che hanno detto sì ai referendum, sono un fatto straordinario!) che guardano con speranza a questa possibilità. C’è, inoltre, l’esigenza di mettere insieme le forze politiche e sociali (la Cgil ed il sindacalismo di base) disponibili ad opporsi al nuovo governo dei tecnocrati e a costruire un’altra idea d’Italia fondata sulla partecipazione, sull’equità sociale, sui diritti e sui beni comuni. A questo come Rifondazione Comunista guardiamo con interesse e con queste forze intendiamo operare, per far riprendere le lotte nel nostro territorio e per riuscire a interpretare quella domanda di cambiamento anche qui a Livorno sentiamo intorno a noi.
Livorno, 2 dicembre 2011
Alessandro Trotta – (Comitato politico PRC – Livorno)