L’ ANPI di Rosignano esprime grande preoccupazione per gli avvenimenti bellici in corso in Libia che vedono coinvolte anche le forze armate italiane.
Ancora una volta, come già nel Kossovo nel 1999 o in Iraq nel 2003, sostenendo che non esistono soluzioni alternative, una parte del mondo occidentale si lancia in una guerra di stampo neocoloniale, nella quale giocano un ruolo fondamentale corposi interessi materiali legati al petrolio. Ancora una volta, come nei casi citati, si ignora la possibilità di soluzioni alternative alla guerra che pure esistevano ,ma che allora non si vollero né valutare né perseguire.
L’applicazione della risoluzione ONU 1973, nata per proteggere una parte della popolazione libica da possibili ritorsioni da parte del governo di Gheddafi, si sta trasformando, ora dopo ora, in un conflitto i cui obbiettivi rimangono confusi e indefiniti al punto che stati e organizzazioni inizialmente non ostili all’intervento come Cina, Russia, India, Germania e la stessa Lega Araba se ne dissociano e altri ,come la Norvegia che pure fa parte della NATO, sospendono la loro partecipazione all’attacco.
E’ convinzione dell’ANPI che la tutela della popolazione passi attraverso la via diplomatica e la ripresa urgente di una trattativa con il regime di Tripoli e con le forze a lui antagoniste anche con l’intervento di una forza d’interposizione sotto il comando ONU, sull’esempio della riuscita missione in Libano.
In particolare l’Italia non può partecipare a questa avventura: lo vietano la memoria delle sofferenze inflitte esattamente cento anni fa al popolo libico attraverso l’aggressione condotta nei suoi confronti dai governi italiani di allora, e prolungatesi negli anni del fascismo con le repressioni di massa del generale Graziani, lo vieta l’articolo 11 della nostra Costituzione che “ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali”.
Per questi motivi l’ANPI di Rosignano auspica che il Congresso nazionale dell’Associazione che si svolgerà in questa settimana a Torino, condanni nettamente questo nuovo intervento militare e ne chieda la fine, insieme alla proclamazione di un cessate il fuoco immediato di tutte le parti in conflitto, l’apertura di corridoi umanitari per il soccorso della popolazione civile e l’indizione di una conferenza diplomatica per una soluzione pacifica che consenta alle istanze di democrazia e di libertà, emerse in tutto il Nord Africa negli ultimi mesi, di trovare rapida e concreta attuazione.