Intervista esclusiva a l’Ernesto di Aleka Papariga, segretaria del Partito Comunista di Grecia (KKE)
di Francesco Maringiò
Aleka Papariga è la segretaria del Kke. O meglio: è la segretaria generale del Comitato Centrale del Partito Comunista Greco, una sottolineatura, questa, non nominalistica ma sostanziale, per un partito organizzato secondo i principi del centralismo democratico e che lavora per coniugare la necessità della pratica collegiale nella discussione e nella costruzione della linea politica (centralità del CC), con l’esigenza di lavorare permanentemente per l’unità politico-ideologica del partito, dai sui dirigenti centrali a tutti i suoi militanti. Ma Alexandra “Aleka” Papariga è anche la prima donna del panorama europeo a capo di un grande partito ed anche la prima, per un periodo così lungo, a guidare il Kke. La sua militanza politica inizia nel movimento studentesco, di cui diventa subito una delle leader. È durante il fascismo che decide di iscriversi al Partito Comunista di Grecia e partecipare al movimento delle famiglie dei prigionieri politici. È in questa fase che viene fatta arrestare dal regime e recludere per quattro mesi. Ma questo non affievolirà certo il suo animo risoluto e continuerà così il suo impegno e la sua militanza contro il regime, fino alla sua caduta, e la sua militanza comunista. Importante sarà anche il suo impegno nel movimento delle donne. Tra i fondatori della Federazione delle Donne Greche (Oge), ha partecipato all’organizzazione di eventi inerenti l’Anno internazionale della donna, a conferenze internazionali promosse dalla Federazione mondiale delle donne democratiche ed ha scritto un libro sull’emancipazione e sulla liberazione delle donne.
È stata eletta all’unanimità segretaria del Kke nel 1991, all’interno di un congresso che ha visto un forte confronto nel partito con quella parte che ne chiedeva il suo scioglimento al fine di costruire un nuovo partito della sinistra. Questo era il vento che spirava in quasi tutta Europa, come del resto ci insegna la vicenda italiana. In Grecia invece questo confronto produsse la scissione di un pezzo che poi darà vita al Synaspismos mentre il Kke, pur in un contesto europeo ed internazionale certo non facile, intraprese la dura strada del radicamento sociale, della lotta per l’esistenza ed il rafforzamento di un partito rivoluzionario, dal chiaro profilo politico ed ideologico e dalla natura di classe. Dopo quasi venti anni da quella scelta, il Kke è oggi un partito la cui attività non è solo centrale per le dinamiche politiche elleniche, ma che ha dato un contributo decisivo per il rilancio di un coordinamento internazionale tra i partiti comunisti e, con l’organizzazione delle mobilitazioni in Grecia contro l’Ue e le politiche anti-popolari, ha contribuito a che quelle lotte rappresentino un punto avanzato della lotta di classe nel vecchio continente.
Contattiamo Aleka Papariga nei giorni caldi degli scioperi e delle mobilitazioni sociali, che trovano nel Kke il principale perno organizzativo e politico. Da poche ore i comunisti greci hanno steso uno striscione sul muro del Partenone, invitando i popoli di tutta Europa a ribellarsi.
D. La Grecia è al centro dell’attenzione da parte di tutti gli altri Paesi europei per la crisi che l’attraversa. Il Governo Papandreu ha promesso di portare il Paese fuori da questa crisi e per questo ha varato un duro piano economico . Qual è il tuo giudizio al riguardo? E qual è l’obbiettivo della lotta?
R. Queste scelte messe in atto dal Governo sono un vero pericolo per la vita della gente, quindi l’obiettivo è guadagnare tempo, per poter bloccare i provvedimenti e, soprattutto, creare le condizioni tali per cui queste politiche vengano rovesciate. Noi lottiamo per cambiare i rapporti di forza e far si che si determinino le condizioni per dare vita ad un diverso modello di sviluppo.
D. Credi che il popolo greco sia maturo per far proprio questo obiettivo?
R. le misure prese sono assolutamente ingiuste per i lavoratori. Non ci sono altre strade: il popolo deve riuscire ad imporre un diverso modello di sviluppo, alternativo a quello attuale, per dar vita ad un corso completamente diverso, in cui prevalga un progetto che tuteli gli interessi popolari, non quelli della borghesia. Se così non dovesse essere, si determinerà una situazione dove l’uscita dalla crisi -che non sarà certo eterna- per la Grecia, avverrà a scapito degli interessi popolari, che saranno conseguentemente colpiti e ridimensionati per lungo tempo. E a quel punto sarà dura porre rimedio a questa situazione.
D. E cosa dovrebbe fare il movimento di lotta in Grecia, quale il ruolo dei comunisti al suo interno?
R. Non ci può esserci alcuna convergenza di interessi tra capitale e lavoro. È giunto per tutti il momento di assumersi le proprie responsabilità. Per parte nostra riteniamo che ciò che è iniziato il 17 dicembre scorso, con gli scioperi e le mobilitazioni, deve andare avanti ed estendersi. Cosa credevano, che la gente accettasse questo attacco ai loro diritti senza opporre resistenza? Noi non glielo permetteremo. Il movimento popolare e dei lavoratori più è in grado oggi di acquisire coscienza del fatto che la propaganda sui sacrifici per evitare la bancarotta è falsa e funzionale alla cancellazione dei diritti, più sarà forte e meglio sarà per tutti. Se una parte di cittadini un po’ di tempo fa avesse prestato maggiore attenzione alle sollecitazioni fatte dal Kke riguardo alla natura del Trattato di Maastricht e all’ingresso della Grecia nell’Unione Europea, presentata come una scelta obbligata, oggi ci sarebbe una situazione di gran lunga migliore. Se ci avessero dato ascolto sulle previsioni che avevamo fatto già prima delle elezioni, quando dicevamo che ci sarebbero stati forti attacchi alla condizione di vita e di lavoro della popolazione ed affermavamo che queste misure sarebbero state prese indistintamente sia dal Pasok che da Nuova Democrazia, come poi è avvenuto, oggi tutti i lavoratori sarebbero sicuramente in un posizione di maggiore forza per poter affrontare la situazione.
D. Qual è la risposta alla richiesta di lotta e mobilitazione che il Kke ed il Pame stanno facendo ai lavoratori greci? Riscontrate un seguito alle vostre proposte?
R. Le lotte animate dal Pame, che ha svolto un’azione di avanguardia importante, così come le manifestazioni di massa che si sono svolte in tutto il Paese, hanno dimostrato che la gente è disposta a lottare. Hanno raccontato, con fare propagandistico ed arrogante, che la gente è d’accordo con i provvedimenti e le misure volute dal Governo. Così facendo non fanno altro che aprire la strada perché la lotta abbia un’escalation. Al giorno d’oggi si registra un importante aumento della coscienza di classe del popolo. Questi segnali ci parlano di indignazione e confusione, ma la gente comune è sempre più disposta a prendere parte alle lotte. Resta da vedere se questa evoluzione porterà ad una maggiore radicalizzazione della coscienza politica e porterà ampi settori popolari a convergere sulle proposte di alternativa avanzate dal Kke su temi quali le alleanze e la presa del potere, oppure se il sistema riuscirà a tenerli sotto controllo, impedendo l’avvio di una politica di alternativa.
D. E tutto questo lo ritieni possibile?
R. Decisamente. Sia il passato che il presente ci insegnano che il capitalismo nella sua fase monopolistica assume caratteri sempre più reazionari e parassitari. Durante una fase di crisi, come è ovvio, il capitale è molto più aggressivo, ma anche nella fase di sviluppo continua la sua violenza contro gli interessi popolari. Ed in genere osserviamo come tutte le ricadute in termini di diritti e libertà dei lavoratori non vengono mai elargite dal basso, accogliendo le istanze nate dal malcontento. Si è sempre iniziato dall’alto, impiegando come strumento repressivo le classiche campagne fondate sull’anticomunismo. E tutto questo con la compiacenza e la tolleranza dei partiti che tutelano gli interessi borghesi.
D. Che genere di politiche vengono adottate da questi partiti?
R. Le attuali misure anti-sociali impiegate sono letteralmente barbariche. Spingono le famiglie dei lavoratori nella disperazione. Il capitalismo punta a far pagare la crisi ai lavoratori e a consolidare per questa via i propri profitti. Questo lo vediamo bene qui da noi dove il capitale greco cerca di conservare una forte presenza nella regione. Il capitalismo oggi ha bisogno di prendere queste misure. Le politiche dei liberali e dei socialdemocratici, come tutte le varie ricette che sono state sin qui prese, hanno come vero obiettivo la soddisfazione dei bisogni della capitale. Del resto, le stesse misure imposte al popolo greco sono le stesse che si stanno adottando in tutti i paesi dell’Unione Europea con vari pretesti. Queste misure sono state decise da tempo e mettono in evidenza l’impasse dello sviluppo capitalistico.
D. Ma da dove nasce questo “buco” nei bilanci dello Stato?
R. Il deficit pubblico ed i debiti sono stati creati dal fatto che il finanziamento statale è andato tutto nelle casse dei monopoli: soldi a pioggia ai capitalisti, una vera a propria provocazione. Questo è il motivo per cui oggi viene sferrato un attacco senza precedenti ai diritti dei lavoratori e vengono presi soldi in prestito, perché così si continuano a sostenere i profitti dei soliti con i soldi dello stato. La vera questione all’ordine del giorno quindi diventa: chi andrà in crisi, la volontà del popolo o il sistema plutocratico?
D. Quindi è colpa del sistema capitalistico?
R. Il capitalismo è un sistema ingiusto perché da un lato accumula crescente povertà e miseria e, dall’altro, ricchezze favolose. È un sistema che genera parassitismo e corruzione e conduce sempre alla crisi. Per questo motivo abbiamo bisogno di cambiamenti radicali. Il capitalismo non è mai stata una strada a senso unico, una tappa obbligata della storia. Ma per invertire la rotta c’è bisogno di un forte movimento popolare, con un chiaro connotato di classe ed un deciso profilo politico, che si batta contro i monopoli e le campagne anti-comuniste: solo un movimento così radicale è in grado di garantire progressi per la popolazione.
D. E di cosa c’è bisogno, in alternativa?
Una società socialista è oggi necessaria e rappresenta l’unica possibilità per il popolo affinché possa godere dei frutti del proprio lavoro ed affinché le moderne conquiste della scienza e della cultura vengano impiegate a favore degli interessi di tutti e non del profitto. E tutto questo richiede, naturalmente, la costruzione di una società socialista. Abbiamo bisogno di prendere “lezioni di disegno”, per poter così tratteggiare questa nuova società.
D. Alla Tv italiana si è a lungo parlato di azioni violente accadute durante le manifestazioni. Il Kke ed il Pame condannano questi atti? Chi è il responsabile? E quali sono le vostre proposte per combattere e mobilitare la gente?
R. Noi proponiamo continuamente mobilitazioni, ma se la gente non è convinta le lotte non possono avere luogo. Ciò di cui c’è bisogno è un movimento organizzato, dotato di un progetto, con forte senso di responsabilità, che non si faccia coinvolgere in scatti improvvisi e proteste cieche. Oggi il Kke costituisce, da questo punto di vista, una garanzia per lo sviluppo di un movimento maturo, la cui esistenza noi al tempo stesso richiediamo e difendiamo.
D. Quindi prendete le distanze dagli atti di guerriglia urbana che hanno messo a ferro e fuoco Atene?
R. Certamente. Il Kke condanna con forza la tragica morte di tre persone durante l’assalto alla banca. Il Governo però non ha il diritto di utilizzare queste morti per tentare di bloccare la resistenza popolare e dare corso ad un’offensiva antipopolare che, per il momento, si riflette nelle misure promosse nel sistema di sicurezza sociale, ma che è destinata a riapparire ogni tre, sei o nove mesi. E questo secondo le volontà della troika (i principali partiti – ndt ) o quella del Governo e dell’Unione Europea.
D. Ma chi ha ne trae vantaggio da questi scontri?
R. Sulla base di prove e fatti concreti abbiamo più volte denunciato il dispiegarsi di una vera a propria strategia della tensione e della provocazione. Come è stato dimostrato, il Laos, il partito nazionalista, non si è limitato, con il suo presidente in testa, ad utilizzare a posteriori la notizia degli incidenti ma, in qualche modo, ha aspettato che accadessero per poter così cercare di far ricadere la colpa sul Kke. Questa è una strategia chiaramente tesa a coinvolgere sia il Kke che il Pame in una provocazione ad hoc.
D. E perché avviene tutto questo, secondo te ?
R. Perché sono preoccupati per l’attività svolta dal partito e dal movimento di classe. E poi tutti sanno che, oltre ai membri, agli amici ed ai simpatizzanti del partito, alla lotta partecipano anche i lavoratori con un diverso orientamento politico.
D. E come fate a respingere i tentativi di provocazione?
R. Vorrei dirvi quello che abbiamo fatto e che ci ha permesso di tenerli alla larga. Non è una coincidenza. Noi nutriamo forti sospetti nei loro confronti e quindi ci adoperiamo per respingerli. Infatti durante il corteo abbiamo allestito un poderoso servizio d’ordine, con tutti i compagni che marciavano con le braccia incrociate l’un l’altro e siamo così riusciti a dare vita da un corteo del Pame senza precedenti e a tenere lontani i pochi provocatori che continuavano a gridare i loro slogan e cercavano di raggiungere il loro obiettivo.
D. Che cosa mi dice del Governo Papandreu? Siete gli unici a criticarlo?
R. Syriza rimprovera al Pasok ed al Primo Ministro di non rispettare il programma elettorale. Noi questo genere di critiche non le faremo mai perché in realtà quel che sta facendo Papandreu è esattamente dare corso al suo programma politico. A differenza di Syriza, che pensa che ci siano delle differenza tra Pasok e Nd, noi riteniamo invece che le politiche di fondo di questi partiti non siano diverse, come si vide sulle ricette per la crisi, e questo perché entrambi i partiti sono espressione degli interessi del grande capitale e non possono mettere in campo politiche differenti.
E poi noi non accusiamo il Primo Ministro di prestare il fianco “alle pressioni che vengono dal mercato”. Al contrario noi affermiamo che il problema di Papandreu, esattamente come il suo predecessore, non è quello di prestare troppa attenzione a questi interessi, ma di adoperarsi coscientemente in loro favore. Per queste ragioni consideriamo pericolosa questa politica. Del resto le bugie del governo e quelle delle campagne anticomuniste sono legate al fatto che noi abbiamo sempre evidenziato che tali provvedimenti sarebbero stati presi in ogni caso, indipendentemente da quale partito fosse stato al governo. La posizione e l’azione del Kke li costringono a non portare a termine i loro piani.
D. Cosa vi aspettate?
R. Sappiamo che il sistema cercherà di scatenare tutta la sua forza contro il Kke. Ma noi non abbiamo paura. Il popolo greco deve stare alla larga dai richiami propagandistici sul debito ed il deficit e pensare al vero debito che i governi del Pasok e di Nd hanno rappresentato per il popolo greco. Essi hanno letteralmente saccheggiato i cittadini attraverso le regalie date ai capitalisti. In ogni caso la gente deve chiedergli il conto di tutto questo, non deve abbassare la testa e lavorare duramente per riprendersi tutti i soldi che gli sono stati sottratti, soldi frutto del loro duro lavoro.
Il sistema sta guardando con attenzione alla crescita del movimento in Grecia e sta cominciando ad avere effettivamente paura. Secondo noi, la resistenza del popolo greco contro i provvedimenti del governo è direttamente collegata all’impegno ed al ruolo svolto nel movimento dal Kke. Grazie all’azione, l’impatto e l’accettazione di molte posizioni del Kke da parte di una grande fascia del popolo greco – il che non implica la totale adesione a tutti i punti del programma politico del Kke – anche le dirigenze gialle dei sindacati Gsee e Adedy sono costretti ad indire gli scioperi.
D. Quale ruolo ha giocato e continua a svolgere il Kke in questa fase di lotte per la Grecia?
R. Se il Kke avesse avuto un atteggiamento diverso, simile a quello degli altri partiti e se tale atteggiamento si fosse riflesso sulle organizzazioni di massa, secondo voi questa risposta popolare e questa resistenza ci sarebbe stata lo stesso? Per parte mia vi dico che le misure sarebbero passate senza alcuna reazione.
Il Kke ha dato un contributo decisivo all’organizzazione della resistenza e della lotta popolare. Ma noi misuriamo l’efficacia della nostra lotta in un modo diverso dagli altri, non ci concentriamo solo sui risultati che escono dalle urne. Naturalmente con questo non voglio dire che non siamo interessati alle elezioni. Ma è bene tenere presente che in Grecia la consapevolezza del movimento popolare è molto più avanzata di quella della maggior parte dei Paesi europei e, sebbene non si rifletta ancora completamente nell’azione, ciò avverrà in futuro. Ciò dipende in larga misura dal decisivo, se non determinante, contributo del nostro partito.
D. Di cosa c’è bisogno, oggi, in Europa?
R. Riteniamo che questo elemento sia un patrimonio importante per tutti. Oggi, il movimento comunista internazionale deve affinare una strategia comune contro l’imperialismo, ma deve contemporaneamente avere la forza di lanciare un altro modello di sviluppo e porre quindi l’attualità e la centralità del socialismo.
Il movimento comunista deve rafforzarsi in tutta Europa. In alcuni Paesi sarà un torrente, in altri un ruscello. Il movimento, ovviamente, si sviluppa soprattutto a livello nazionale ma, allo stesso tempo, deve rafforzarsi a livello internazionale. Ma se si consolida in un Paese debole può avere una forza di influenza più ampia e rafforzarsi in tutta Europa.
Tutto questo radicalismo della gente deve crescere ed evolvere verso una consapevole scelta politica capace di indicare una strada alternativa al capitalismo, un altro percorso ed un altro modello di sviluppo, e quindi in definitiva un altro sistema politico. In caso contrario, la rabbia e l’indignazione popolare rischiano di essere riassorbiti dal sistema e resi compatibili con esso.