La prima volta di Piazza XX con le bandiere
DAVID EVANGELISTI
LIVORNO. E piazza Venti divenne “piazza Cgil”. Ieri mattina infatti l’ex area che ospitava il mercatino americano è stata letteralmente invasa (si parla di più di diecimila presenze) dai sostenitori della Cgil che hanno aderito allo sciopero nazionale. Una delle più grandi manifestazioni mai viste nella nostra città, almeno per quanto riguarda gli ultimi anni. Per piazza Venti è stata una sorta di “prima volta”. I residenti delle abitazioni che si affacciano sulla piazza guardavano incuriositi dalle finestre delle loro case. Qualcuno di loro appariva quasi incredulo. Mai prima d’ora infatti si erano viste tante persone manifestare nell’ex area dello storico mercatino. Nel giro di pochi mesi l’identikit di piazza Venti è stato completamente stravolto. Dopo lo smantellamento del glorioso mercato “made in Usa” e l’abbattimento dei banchi infatti, la piazza si è vista “invadere” da decine di bandiere rosse Cgil e striscioni che chiedevano “il rispetto dei diritti dei lavoratori” e lo “stop alla precarietà”. Un film davvero insolito per una piazza abituata da anni a vivere a stretto contatto con gli storici banchi dei venditori. Fino a poche settimane fa infatti la piazza era il regno di jeans stravaganti, magliette alla moda, occhialoni da sole all’ultimo grido e uniformi militari. Ieri mattina invece c’era spazio solamente per centinaia di tute blu “modello cassa integrazione”. D’altronde ora vanno di moda quelle.
Diecimila sfilano nel corteo della Cgil
Il segretario provinciale Strazzullo: «Adesioni altissime, intorno all’80%»
LIVORNO. Un impressionante fiume rosso ha invaso ieri mattina le strade del centro. È il popolo della Cgil che ha aderito allo sciopero nazionale indetto dal leader Guglielmo Epifani per la difesa del posto di lavoro e la riduzione delle tasse ai lavoratori.
«Siamo undicimila – esulta dal palco in piazza Venti il segretario provinciale Cgil Maurizio Strazzullo – l’adesione allo sciopero è intorno all’80% delle aziende. Alla faccia di chi dice che la Cgil non ha più seguito». Centinaia di bandiere Cgil, decine di striscioni, cori a ripetizione contro il governo. Presenti anche diverse bandiere di Rifondazione comunista e Sinistra ecologia e libertà. «L’articolo 18 non si tocca», recita un cartellone portato da una donna. «Fermiamoli!», era scritto su uno striscione rosso di circa dieci metri su cui erano state cucite le foto di Berlusconi e i simboli di Cisl e Uil. «Mamma mia quanti siamo», esclama un giovane sulla trentina mentre esce dal corteo per vedere la fine del fiume umano. La manifestazione, partita intorno alle 9.30 da piazza Magenta, si è conclusa un’ora e mezzo dopo in piazza Venti. Fabrizio Faccini e Vittorio Milella sono dipendenti Trw: «Ogni settimana da noi circa 60 persone ruotano in cassa integrazione straordinaria». «Un’altra sessantina – aggiungono – sono state messe in mobilità, ma sembra che l’azienda non abbia intenzione di integrare altro personale». Presenti anche i lavoratori della Toremar. «Fino a pochi mesi fa eravamo 220 dipendenti – spiega Pirro Taddei – ora siamo in 180 per 6 navi». Attualmente la Toremar è in via di privatizzazione: «Vogliamo garanzie», dicono in coro i lavoratori presenti. Filippo Bellandi (Rsu Telegate) sostiene che «per i giovani come noi è fondamentale difendere il diritto al lavoro», mentre Andrea Mazzoncini della Toscana impianti si scaglia contro «l’aggiramento dell’articolo 18».
A farsi sentire c’erano anche i dipendenti della Magna. «Su 620 lavoratori – spiega Denis Sammartino – 190 si trovano in cassa integrazione in deroga». Il futuro non è roseo: «All’orizzonte non vediamo rientrare volumi di lavoro, e gli ammortizzatori sociali stanno per finire». Qualche metro avanti, ecco i dipendenti della Giolfo e Calcagno. Claudia Cerase, della Rsu, parla di «70 addetti tutti in cassa integrazione in deroga che a luglio finirà», aggiungendo che «da gennaio stiamo andando avanti solamente con il nostro tfr, dato che stiamo ancora aspettando i soldi della cassa integrazione dall’Inps».
In testa ai lavoratori della Compagnia portuali c’è Axel Lupi: «La politica del governo sui porti è inesistente». Un attimo di pausa, poi l’affondo: «A pagare la crisi sono sempre i lavoratori». Il segretario del Pd Marco Ruggeri, dipendente Eni e iscritto alla Cgil, afferma che «oggi chiedere maggiore flessibilità ai lavoratori è impossibile» e che per quanto riguarda la raffineria «serve al più presto riattivare il tavolo romano». Sulla strada diversa presa da Cisl e Uil Ruggeri taglia corto: «La forza del mondo del lavoro è l’unità». Stesso ritornello cantato dall’ex segretario provinciale della Cgil e ora assessore Piero Nocchi: «Mi auguro che con le altre sigle sindacali si superi questa fase di non comunicazione». Il segretario provinciale della Fiom Enrico Pedini afferma che «circa il 90% delle aziende metalmeccaniche livornesi ha aderito» e che questo è un risultato ancora più grande se si considera «la cassa integrazione dilagante». Secondo il segretario provinciale degli edili Nicola Triolo «se non riparte l’edilizia la crisi non si supera». Triolo sottolinea inoltre che in un settore in cui sono impiegati circa 7mila addetti la percentuale di lavoro nero tocca il 30%. Fabio Gatto di Sinistra critica invita a «far pagare la crisi a chi l’ha generata», mentre il dirigente del settore trasporti Cgil Fabio Picchiottino afferma che «il governo deve affrontare la crisi con strumenti ben diversi».
Di «inaccettabile attacco ai diritti dei lavoratori» parla la consigliera comunale di Rifondazione Tiziana Bartimmo, mentre il segretario Cgil del settore telecomunicazioni Giuseppe Luongo chiede al governo di «restituire maggior dignità al mondo del lavoro». Intorno alle 11 il corteo arriva in piazza, dove su di un piccolo palco prendono la parola vari lavoratori e esponenti sindacali. Per ultimo interviene il segretario regionale della Cgil Alessio Gremolati: «Dal governo dicono che siamo troppo pessimisti. La realtà è che stanno scippando i diritti ai lavoratori». La manifestazione si conclude. «Alla prossima», saluta Strazzullo. E «piazza Cgil» lentamente si svuota.