di Gilberto Volta
E’ tutto vero (o quasi). I comunisti non sono in Parlamento, come nessuno de “la Sinistra l’Arcobaleno”, per la prima volta dopo la vittoria della coalizione antifascista sul nazifascismo nel 1945. E’ una catastrofe elettorale.
Naturalmente, hanno concorso a questo risultato molte cause, che sono indicate in tutte le cinque mozioni (ma perché non si è voluto fare un solo documento a tesi emendabili?). Sono indicate anche cause che non mi paiono vere. La mozione di Vendola sostiene che una causa sia che la “SA” è stata percepita solo come cartello elettorale e non come un primo passo verso un unico partito della sinistra, non più comunista. L’idea comunista avrebbe potuto continuare ad esistere come “tendenza culturale” insieme ad altre in attesa che venisse soppiantata da future nuove tendenze.
Sono convinto, al contrario, che ripetere in campagna elettorale che il processo verso questo partito unico non più comunista era “irreversibile” abbia fatto sì che chi voleva continuare ad essere se stesso (comunista, verde, ecologista, eccetera) – pur volendo una grande unità fra tutte le forze di sinistra – non abbia votato questa lista per non avvalorare questa prospettiva, che i comunisti, fra l’altro, ritengono esiziale in quanto significherebbe la rinuncia all’obiettivo strategico di superare il capitalismo e costruire il comunismo (come organizzazione sociale).
Ora, dopo il chiarissimo per quanto catastrofico risultato elettorale, insistere nel volere una unità, che diventi un partito unico non comunista della sinistra mi pare veramente “una insensatezza politica” (Bertinotti nel n. 8/2000 de ”La Rivista del manifesto”). Anzi, “errare è umano, ma perseverare è diabolico”!
Quel che occorre è, invece, rimettere in campo apertamente e con tutta la forza e la chiarezza di cui disponiamo il progetto della rifondazione comunista per giungere alla costruzione di un moderno partito comunista di massa, che si proponga non di raddrizzare le gambe ai cani (cioè, di migliorare la società capitalistica), ma di cambiare la società, sostituendo quella attuale col primo stadio socialista di una società comunista.
Quello che dovrà fare questo attuale partito e quello grande che verrà è una grande politica delle alleanze sia sul piano sociale (classe operaia, contadini, ceti medi produttivi, commerciali, intellettuali), sia sul piano politico (a cominciare dal Pdci, dai Verdi, da SD e andando anche oltre: vedo molto limitativo fermarsi ai nostri 4 partiti). Politica delle alleanze, che si potrà concretizzare con vari accordi, patti di unità d’azione, patti di consultazione, eccetera.
Cioè, credo che una forte caratterizzazione di noi stessi in quanto comunisti e una piena autonomia del nostro partito siano le cose che ci servono per l’oggi e per il domani.
Altro che soggetto unitario e plurale non più comunista!
Per il resto, è vero che il voto “utile” ha certamente avuto il suo peso, come la sicurezza, ecc.
E’ vero che, secondo me, più che per il modo come siamo stati nel governo (“anche i ricchi piangano”, mentre regalavamo loro il cuneo fiscale, eccetera) e a un certo punto non ne siamo usciti, è il modo come vi siamo entrati, cioè senza i cosiddetti “paletti”, per cui ci eravamo cacciati in un “cul de sac”: non potevamo affossare il “nostro” governo (per quanto “di merda”: la grande manifestazione del 20 ottobre!) e non potevamo contemporaneamente essere noi stessi (avevamo così votato il rifinanziamento in Afghanistan, il protocollo sul welfare, senza contare che non eravamo riusciti ad avere nemmeno i Dico, eccetera).
Devo, però, dire che le “innovazioni” che sono state inventate negli ultimi anni non ci hanno aiutato per nulla. Prendiamo la “non-violenza”. Il ragionamento, in sintesi, è che siccome non siamo né per Auschwitz, né per Hiroshima, siamo per la “non-violenza”. Perché? Prima, almeno dal 1945, eravamo per la violenza? Non è che, invece, l’abbiamo sempre subita?
Ma siamo in un periodo storico segnato dall’assunzione dell’anticomunismo anche fra gli operai e le grandi masse popolari. Ciò è dovuto senz’altro a molte cause (il crollo dell’Urss, lo scioglimento del Pci, ecc.). Insomma, se i comunisti stessi si autodenunciano come coloro che hanno sbagliato e se ne vergognano tanto da cambiare nome, si può sapere perché le grandi masse popolari dovrebbero continuare ad essere comuniste?
Se, poi, coloro che hanno continuato a chiamarsi comunisti e che hanno dato vita al Prc si sono messi a criticare tutto ciò che i comunisti hanno fatto nella loro storia, tutto il ‘900, lo stalinismo, l’Urss, la Cina, persino Cuba e Togliatti e, di innovazione in innovazione, qualcuno dice che occorre superare il Prc stesso per fare una “costituente della sinistra”, che credibilità possiamo avere?
E’ tempo di cercare ciò che i comunisti hanno fatto di buono (hanno molti più meriti che demeriti!) e non solo ciò che hanno sbagliato nella loro lunga e gloriosa lotta per l’avvenire del mondo!