su la Repubblica del 02/06/2008
La denuncia nel rapporto dell’organizzazione Reprieve: “Sono Guantanamo galleggianti” Verrebbero usate per detenere, spostare e forse torturare prigionieri della “guerra al terrore”
Prigioni galleggianti, come una Guantanamo in mezzo al mare, per detenere, interrogare, forse anche torturare e poi spostare in giro per il mondo prigionieri catturati durante la “guerra al terrore”. Questo il ruolo di alcune navi militari americane, sembra diciassette, usate fin dal 2001 come carceri secondo quanto denuncia l’organizzazione non governativa Reprieve in un rapporto che sarà pubblicato abreve e del quale riferisce il quotidiano britannico The Guardian.
Sarebbero almeno duecento, secondo il rapporto, i casi di “rendition”, ovvero trasferimenti occulti in prigioni segrete dislocate in Paesi nei quali possibile praticare la tortura, attuati dal 2006, l’anno ciè in cui il presidente americano George W. Bush aveva assicurato la fine di pratiche di questo genere.
“Hanno scelto le navi per tenere le loro malefatte lontano dagli occhi dei media e degli avvocati delle associazioni umanitarie – ha detto a The Guardian Clive Stafford Smith, responsabile legale di Reprieve – ma alla fine riusciremo a riunire tutti i ‘detenuti fantasma’ e a far valere i loro diritti”.
Secondo Smith, gli Stati Uniti al momento detengono nelle prigioni segrete, per loro stessa ammissione, ventiseimila persone, “mentre le nostre stime dicono che almeno ottantamila, a partire dal 2001, sono passate tra gli ‘ingranaggi’ del sistema. E’ ora che l’amministrazione americana mostri un impegno concreto a rispettare i diritti umani – insiste Smith – rivelando chi sono queste persone, dove sono e che cosa è stato fatto loro”.
Nel rapporto si può leggere la testimonianza di un prigioniero di Guantanamo che riporta l’esperienza del suo ‘vicino di gabbia’: “Mi disse che in quella nave erano in 50, chiusi nel profondo della stiva, e che venivano picchiati più forte che a Guantanamo”. Vi è poi il sospetto che alcuni di questi prigionieri segreti possano essere transitati dalle strutture della base militare britannica “Diego Garcia” nell’oceano indiano. A questo proposito, dopo anni di smentite, è toccato al ministro degli Esteri David Miliband, lo scorso febbraio, ammettere che due velivoli americani in missioni di tipo ‘rendition’ fecero scalo a Diego Garcia.
“Passo dopo passo – commenta Andrew Tyrie, presidente della commissione parlamentare sulle missioni-tortura – la verità sulle ‘rendition’ sta venendo fuori: è solo una questione di tempo. Il governo farebbe meglio a fare subito chiarezza”. Ma un portavoce della marina militare americana ha smentito il rapporto: “Non ci sono prigioni sulle navi americane”, ha detto il comandante Jeffrey Gordon a The Guardian.
Ma è ormai un fatto che il meccanismo delle missioni-tortura Usa fosse consolidato e di pratica comune: basi segrete della Cia, dice il quotidiano britannico, operavano in Romania, Polonia, Thailandia e Afghanistan. “Tutte fanno parte di una rete globale in cui le persone vengono detenute a tempo indeterminato, senza che le accuse vengano formalizzate, e sono sottoposte a tortura in netta violazione della convenzione di Ginevra e della carta sui diritti dell’uomo dell’Onu, aveva detto Ben Griffin, ex dello Special Air Service britannico. Griffin venne poi messo a tacere dal ministero della Difesa che ottenne, ai suoi danni, una diffida dal tribunale.