Giorni fa è stata bocciata la legge sull’omofobia; l’Alto Commissariato per i rifugiati dell’ ONU dice all’Italia stop ai respingimenti dei migranti; la Legge 40 sulla procreazione assistita fa migrare le coppie italiane verso altri paesi; si è aperta un indagine sulla pillola abortiva:
in questa Italia, oltre i diritti sociali, siano palesemente sotto attacco anche i diritti civili, e con una violenza tipica dei regimi antidemocratici.
Nello stesso quadro pericolosamente rivolto con la testa all’indietro sta il dibattito che si è scatenato nel paese ed in città sull’istituzione del registro delle dichiarazioni di volontà anticipate sui trattamenti sanitari di fine vita.
Diventa quindi importante, a partire dalle realtà con un forte patrimonio laico e progressista come quelle toscane (l’hanno già fatto Pisa, Calenzano, Firenze, e vi si apprestano Carrara e Pistoia), dare un chiaro segnale di civiltà e di libertà.
Rispetto alla portata culturale, politica e sociale di queste scelte, risulta insidioso soffermarsi sugli aspetti formali, tipo: se è la sede giusta il Consiglio Comunale per discutere di queste cose? Che competenze ha il Consiglio su questi argomenti?
E’ innanzitutto rispettoso, per chi vive una condizione di sofferenza ed esige dalla politica una risposta, che ci si fermi al punto: il “testamento biologico” è da fare o no?
Fosse solo per questo e di fronte a 6 disegni di legge in discussione, il Consiglio ha non solo pieno diritto, ma addirittura il dovere di esprimersi su materie che attengono al benessere della collettività che rappresenta e non può essere rinchiuso nella gabbia delle proprie competenze amministrative.
Soprattutto quando si interviene nella sfera delle libertà individuali, e si definisce il compito dello Stato e della Legge che, per noi, dovrebbe essere quello di mettere ogni cittadino in condizione di scegliere in maniera consapevole e libera da ogni condizionamento.
Sostenere la battaglia per il “testamento biologico”, significa battersi contro ogni tentativo di limitare drasticamente la libertà di scelta del cittadino rispetto alla propria salute e al proprio corpo, in determinate circostanze, scongiurando il rischio che sta materializzandosi in Parlamento, di trasformare una morale di parte in una legge valida per tutti.
Una morale di parte che impone ad es., come chiesto a gran voce dalla CEI, che l’idratazione e l’alimentazione forzata non debbano essere considerate come terapie mediche, quindi rifiutabili, ma come cure del malato e quindi esenti dalla direttiva anticipata di fine vita, cozzando contro un principio indisponibile neanche alla volontà parlamentare: quello dell’autodeterminazione del paziente (art. 32 della Costituzione).
Per questo, è indispensabile che i Comuni toscani e la Regione si preparino alla più ampia e articolata opposizione politica ed istituzionale, non escludendo l’impugnativa contro una norma che violerebbe unl principio fondante della nostra Carta costituzionale: nessun cittadino può essere sottoposto a un trattamento sanitario non voluto, salvo i casi in cui si metta a repentaglio la salute collettiva.
Ma accanto a questo, non bastano le manifestazioni di volontà importanti come quelle dell’ordine del giorno approvato, ora serve che si istituisca subito il testamento biologico e si permetta ai livornesi di scegliere..
Oggi vediamo la maggioranza rivendicare con orgoglio quell’atto, sotto gli attacchi della Curia e della destra, ne siamo contenti. Noi vigileremo perché la ricerca avviata in Consiglio, diversamente da quanto accaduto in altre circostanze, possa finalmente tradursi in atti coerenti, evitando che ci si impantani nel solito sterile realismo politico.
Livorno, 29 ottobre 2009
Tiziana Bartimmo
(Presidente gruppo consiliare comunale PRC-PDCI)