di Marco Sferini
da lanternerosse.it
Dovrebbe essere chiaro a tutti che, quando un governo spalleggia la xenofobia, la alimenta con “pacchetti sicurezza” che sono apertamente incostituzionali e che oltrepassano i dettami del consorzio civile che tentiamo di vivere da circa sessant’anni, chi ha nelle vene un ribollire di intolleranza e di stupidità trova un contesto politico e sociale adeguato per mettere in pratica la frustrazione che ha nutrito per anni contro chiunque è diverso per religione, sesso, luogo di nascita e credo filosofico. Se non addirittura per rango economico.
E’ veramente poco importante che la devastazione dei negozi e i pestaggi avvenuti al quartiere romano del Pigneto abbiano una matrice politica o siano il frutto di una ritorsione personale. Quello che conta è il modo in cui il raid teppistico è avvenuto: venti persone circa, a volto coperto e con delle evidenti svastiche sui fazzoletti che coprivano loro il volto, hanno picchiato dei cittadini italiani di origine bengalese o indiana, hanno distrutto le loro attività commerciali e hanno sparso il terrore per una decina di minuti in una borgata della capitale in pieno pomeriggio.
Se non fossero stati in abiti borghesi, questa scena assomiglierebbe ad un intervento degli squadroni della morte in Brasile contro i ninos de rua: troppo poveri per valere qualcosa e allora preda di un commercio schifoso di organi che da decenni viene denunciato da tutte le organizzazioni umanitarie non governative.
Venti individui, armati di bastoni e di violenza alla massima potenza in una zona di Roma frequentata, non deserta o isolata.
Chi ha visto gli occhi dei romani o dei migranti aggrediti, riferisce di aver sentito dire da loro che, sì la paura è stata tanta, ma che più della paura hanno provato sconcerto, tristezza, una sensazione di impotenza totale, di abbandono pressochè assoluto da parte delle istituzioni.
Per un attimo il Pigneto è divenuto una scena dei film in cui Charles Bronson spara nei quartieri più malfamati di New York, scuri, ombrosi, pieni di vicoli sporchi, con macchine bruciate intorno e un sottoproletariato urbano che passivamente subisce ogni tipo di vessazione da parte delle bande criminali.
Forse è proprio questo il terreno su cui è cresciuto il senso di rassegnazione che si è preso gli animi dei bengalesi e degli indiani picchiati, che ha lasciato loro un amaro in bocca peggiore di quello che può avergli lasciato la vista dei loro negozi completamente distrutti.
Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha condannato l’episodio e ha promesso aiuti da parte del Comune. Ma è lo stesso sindaco che, a stretto giro di posta, afferma che questo clima che Roma vive è frutto dell’attività del governo “della sinistra” che ha permesso all’illegalità di crescere e di moltiplicarsi. Come i pani e pesci.
Forse il primo cittadino della capitale dimentica che gli aggressori non hanno alcuna giustificazione anche per una (minimizziamola pure per un attimo) ritorsione personale.
I venti a volto coperto portavano comunque una simbologia nazista con loro e se lo hanno fatto è per far chiaramente capire ai migranti con chi stavano trattando: ossia con dei neonazisti che, come è noto, non si fanno problema alcuno se c’è da picchiare un marocchino, un senegalese o un comunista o un gay.
E a proposito di gay… Sarà un caso, si potrà anche dire, ma proprio nelle ore del mattino, circa verso le due, dello stesso giorno, è stato aggredito sempre a Roma il giornalista di Radio DeeGay.it Christian Floris. Due sconosciuti lo hanno bloccato e gli hanno sbattuto la testa contro un muro dicendogli che era l’ora di finirla con le sue trasmissioni a tematica omosessuale.
Christian è stato ricoverato al pronto soccorso e ne avrà per sette giorni. Oggi è già tornato a farci sentire la sua voce, il suo rituale “Ciao mondo!” che esclama nella trasmissione “Vanity” e che, per l’appunto, dà la voce a chiunque voglia sui temi dei diritti civili, della sessualità, delle discriminazioni e della solidarietà.
Ecco, noi vogliamo esprimere tutta la nostra solidarietà al giovane giornalista di Radio DeeGay.it. Non una solidarietà di prammatica, rituale, ma una solidarietà concreta che, crediamo, abbiamo espresso sempre comportandoci come lui, in totale simbiosi con il mondo omosessuale, con tutti i mondi e le persone discriminate o oggetto di vessazioni, violenze dettate dall’ingnoranza, dal pregiudizio religioso o di altra natura.
Cosa può fare chi, come noi, è comunista, dunque di sinistra, per fermare questa spirale di violenza, di sopraffazione, di annegamento dei diritti nella voragine del pressapochismo qualunquista? Possiamo fermarci davvero alla presa d’atto di tutto ciò e aspettare tempi migliori? Non siamo mai stati degli attendisti e non lo dobbiamo divenire ora.
Ora, oggi, in un momento in cui c’è davvero bisogno di uno sforzo volontaristico ma, di più, di una rielaborazione della comunicazione dei valori della solidarietà e dell’internazionalismo, della condivisione delle culture e di tutto ciò che è fuori dai “nostri” confini culturali, localistici, dalle nostre tradizioni scritte e orali, dai nostri comportamenti quotidiani. Per fare questo è necessaria una stagione di opposizione radicale, intransigente contro ogni attacco a qualunque settore della vita di noi tutti, siano diritti civili, sociali, del lavoro, della salute, dell’ambiente. Non c’è nessuna lotta che possa essere dichiarata “a sé stante”. Tutto si compenetra e la nostra reazione positiva, non violenta ma decisa e risoluta, ci deve portare a riaffermare semplicemente quanto scritto nella Costituzione e a reclamare l’ampliamento del godimento dei diritti per tutti coloro che ancora ne sono esclusi.
La società che discrimina è destinata ad essere discriminata a sua volta e, siccome in passato lo è stata, o persevera nella sua poca e corta memoria o cerca una via di uscita dalla notte in cui la Repubblica Italiana è ancora una volta ricaduta.