Rifondare la sinistra comunista per fare più forte tutta la sinistra

di Haidi Gaggio Giuliani

A Genova i processi sul G8 stanno per terminare; incontro uno dei giovani che si è speso in questi anni in difesa di 25 capri espiatori. “E dopo che cosa farai?” gli chiedo. “Non lo so, andrò in montagna, a coltivare la terra”, mi risponde, amaro. Penso che coltivare la terra sia un’ottima cosa, se si tratta di una scelta, ma non se è determinata da una disillusione.
Sera al circolo del Partito: dei vecchi compagni discutono animatamente. “Abbiamo perso perché ci hanno tolto questo”, sbotta uno di loro, la mano aperta su una bandiera con falce e martello. Penso che i simboli sono importanti perché ci rappresentano, parlano delle nostre idee e della nostra storia; penso che è possibile anche rinunciare ad un simbolo, quando storia e idee sono talmente affermate da non avere più bisogno di carta d’identità; ma nella voce di questo compagno c’è la rabbia di chi si sente derubato, gli sono state tolte le parole che conosceva, non gli sono stati dati altri strumenti.
Leggo nella lista ligure: “Il vuoto politico di questi mesi ha fatto sì che io mi senta sempre più un corpo estraneo e solo, rischiando a volte di non sapere se faccio cose giuste”.


Mi telefona una giovane amica: è confusa, demotivata; lo studio è deludente, il lavoro noioso ripetitivo e, neanche a dirlo, precario. Alla fine, quasi per scusarsi, dice: “Noi sognavamo un mondo migliore…”.
Qualche esempio, tra i moltissimi che potrei citare, che ognuno e ognuna di voi può testimoniare. Ad ascoltare le persone si coglie un senso di smarrimento, di pessimismo, che ritrovo solo nei ricordi di trent’anni fa.
Mi scrive anche Baro: “…A sinistra la gente non se la sente di consegnare un mandato in bianco ai propri referenti politici, perché da tempo si sono rotti i meccanismi di rappresentanza e appartenenza, fra la base e i vertici della sinistra.” E ancora: “…il ‘nuovo soggetto politico unitario’ non ha entusiasmato nessuno non perché sia stato fatto in fretta, ma per come è stato proposto: imposto dall’alto, senza alcun processo partecipativo, e per di più venduto come un’esigenza dettata dalla storia”. Penso che abbia ragione, che l’unica cosa da fare, davvero, non limitandoci ad una dichiarazione di intenti, sia quella di riprendere la politica dal basso, di ricominciare dalle persone. E la sua testimonianza mi sembra importante: Francesco è il compagno che segue da quattro anni reti-invisibili, il sito internet che raccoglie tante realtà, diverse tra loro ma segnate tutte da una giustizia negata. Una rete di relazioni che non ha occultato le diversità interne ma ha saputo creare un percorso positivo e duplice: da un lato superare le differenze in nome delle istanze che uniscono le reti; dall’altro rispettare comunque quelle differenze, perché costituiscono il patrimonio singolo di ogni singola realtà. Quelle realtà hanno capito che muoversi in modo unitario, su tematiche chiare e definite, è necessario. Non è troppo tardi perché anche il Partito torni a comprenderlo.
Preferisco ascoltare che parlare e vi chiedo scusa per queste mie semplici note, rubate ad altre voci. Avrei voluto assistere ad un dibattito congressuale ricco di passioni, autocritico, anche dai toni accesi, ma non spaccato in mozioni contrapposte. Mi dispiace molto che la proposta non sia stata accolta. Ed apprezzo moltissimo del documento Acerbo l’impegno ad una gestione unitaria del Partito. L’errore più grande che possiamo continuare a fare è quella di continuare a dividerci. L’umiliazione più grande, quella di assistere all’assalto del carro del vincitore.
Non ci saranno vincitori, questa volta, se non sapremo fare quello che da anni andiamo dicendo: rifondare la sinistra comunista per rendere più forte la sinistra. Partendo dalle persone, dalla realtà dei loro problemi e, perché no, dai loro sogni. Con rispetto, senza strumentalizzazioni.
Oggi, in campo, c’è la salvaguardia dei diritti costituzionali. Perciò, o riusciremo tutte e tutti insieme o la perdita sarà irreparabile. Ne dovremo rispondere alle generazioni future.
Auguro a tutte e tutti voi un buon lavoro!