Un congresso difficile per il nostro futuro

di Orfeo Goracci – Sindaco di Gubbio

su Liberazione del 22/05/2008

Il congresso che ci apprestiamo a svolgere è per i comunisti sicuramente il più difficile dopo quelli della clandestinità nel periodo fascista; viene dopo la più grossa sconfitta per la sinistra e per noi comunisti. Non aiuta certo il fatto che una parte importante del partito abbia voluto che l’assise congressuale si svolgesse su documenti contrapposti anziché a tesi emendabili (anzi la proposta del congresso a tesi è stata definita ipocrita). Certo, se c’è chi insiste per l’impostazione di forme di confronto così “forzate”, allora non è del tutto fuori luogo pensare che, a chi aveva idee e propositi (che ora in buona fede molti compagni ammettono…) come quella del “comunismo come tendenza culturale”, quella dell'”avanti con chi ci sta ci sta”, quella degli appelli pronti per il 15 aprile con cui si proponeva il superamento del Prc nella Sinistra Arcobaleno, quella di 100mila tessere arcobaleno pronte, a chi dunque voleva e vuole superare il Prc perché lo vive come piombo sulle ali, torni cinicamente utile la sua autodistruzione (ci saranno congressi di circolo con più relatori che presenti) e ciò non favorisce certamente il partito e la sua credibilità di fronte agli iscritti.


Le scelte del congresso di Venezia con il suo sbocco governista hanno dimostrato tutto il loro limite e un gruppo dirigente che non ha cecità politica non può non riconoscerlo.
Il documento Ferrero-Grassi (che io sostengo) propone una cosa fondamentale per i comunisti del Prc: questi ci sono, restano con la loro autonomia e cercano tutte le forme di confronto e di accordi con altri soggetti della sinistra politica/partitica, sociale, dei movimenti presenti nella società partendo da una forte opposizione al governo di destra di Berlusconi che non l’avrà da parte del Pd visto che avevano ed hanno progetti e programmi sovrapponibili. La manifestazione del 20 ottobre è una base importante, tanta gente con tante bandiere in primo luogo comuniste e con una piattaforma sentita e condivisa.
Occorre rimettersi in sintonia con la nostra gente su temi come diritti, precarietà, salari, pensioni, difesa dello stato sociale, richiesta di maggior giustizia fiscale, interloquire con categorie – penso a piccoli artigiani – che non abbiamo mai preso in considerazione e sono molti e pesano nella costruzione del consenso (si pensi a quanta gente parla un barbiere in una settimana) molto più di certi gruppi radicaleggianti e un po’ snob, parlare di un tema come quello della “sicurezza” non per dare le risposte di destra e razziste, ma capire ed aiutare la gente che pone paure e preoccupazioni e parlo soprattutto della povera gente e di chi vive nelle periferie. La “nostra” gente.
Ognuno di noi forse vorrebbe vedere un “di più” in un documento, ma il documento Ferrero-Grassi. certamente è una sintesi avanzata, seria che può rilanciare la sfida della presenza, del ruolo e del peso del Prc e dei comunisti senza costituenti “socialiste o “comuniste”.
Certo, con franchezza credo che l’idea che i compagni hanno di una visione della politica che parla sempre di “innovazione”, apertura e definisce quelli come me “conservatori” per poi affidarsi alla scelta salvifica del “leader” è sbagliata sul piano dell’impostazione culturale e perdente sul piano politico. La gente di sinistra, non solo i comunisti, non ha mai amato l’americanizzazione della politica, e a parole ci siamo sempre dichiarati contro le forme presidenzialistiche e leaderistiche.
Il 13 e 14 aprile era candidata la figura più bella, nota, qualificata che abbiamo, i risultati li abbiamo visti! Su questo argomento (che tanto peso avrà nel dibattito congressuale) mi permetto di ricordare due cose semplici. Il Prc alle prime elezioni politiche (aprile ‘92) ottenne il 6 per cento, segretario era Sergio Garavini, compagno bravo e preparato ma certamente non un “leader” mediatico.
Rientra in questo scenario la necessaria riflessione sul perché la stampa dei poteri forti, e pezzi di Tv anche di stato, molto vicini al Pd, diano spazi e visibilità non proprio disinteressati a certe componenti e non ad altre del nostro Partito. Mentre i giornali dei “poteri forti” li possiamo capire, è certamente inaccettabile e scorretto il ruolo che svolge il nostro giornale “Liberazione” che ha da tempo una linea liquidatoria del Prc, di aggressione al pensiero comunista e una indegna “partigianeria” nel dibattito congressuale. Un’ultima considerazione non banale: tanti comunisti non se la sentono proprio di tornare a “cose” (costituenti!?) di occhettiana memoria 18 anni dopo (non a caso Occhetto è uno dei pochi interlocutori) senza aver fatto nemmeno una “Bolognina”.