Perché il prezzo del petrolio è così alto?

Debolezza del dollaro, cattive politiche federali e speculazioni dei fondi ad alto rischio.
 
di Paul Craig Roberts* – CounterPunch

 Come si spiega il prezzo del petrolio? Perché è così alto? Lo stiamo davvero finendo? Sono state interrotte le forniture, o gli alti prezzi sono il riflesso della bramosia delle compagnie petrolifere, oppure dell’OPEC? Chavez e i sauditi ci stanno cospirando contro?
 
Secondo la mia opinione sono due i fattori principali dell’aumento del prezzo del greggio: la debolezza del valore di cambio del dollaro statunitense e la liquidità che la Federal Reserve Bank sta mettendo in circolazione.
 
Il dollaro debole è una conseguenza del grande deficit finanziario e commerciale il cui esito sfugge alla politica statunitense. Siccome gli abusi hanno finito con lo svilire il ruolo del dollaro statunitense come moneta di riserva, i venditori chiedono più dollari come copertura a fronte del cambio al ribasso e alla sua perdita di credibilità come valuta di riserva.

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In quel cpt una stanza dei pestaggi

di Orsola Casagrande

da Il Manifesto

I racconti dei migranti usciti dal centro di corso Brunelleschi a Torino

Non si respira una bella aria a Torino. Sali sull’autobus e l’unica cosa di cui si parla sono i rischi che si corrono sui tram e sui pullman. Rischi? «Non hai sentito? – dice una giovane donna – qui ormai è il Far West». L’autobus è il 67, lo stesso dove qualche giorno fa i vigili urbani hanno spadroneggiato con fare effettivamente un po’ da cowboys, intimando ai cittadini stranieri presenti di scendere, dividendo uomini da donne e esibendosi in controlli accompagnati da frasi come «la pacchia è finita». E a chi mostrava la carta d’identità italiana, «non ce ne frega nulla della vostra carta italiana, questo non è più il paese delle meraviglie».

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Intervento del Capo Della Delegazione Cubana, José Ramón Machado Ventura alla FAO

Conferenza d’alto Livello sulla:

“Sicurezza Alimentare Mondiale: Le sfide del Cambiamento Climatico e la Bioenergia. Misure richieste per ottenere la Sicurezza Alimentare Mondiale. “

Signor Presidente,

In questa stessa sede, dodici anni fa, la comunità internazionale decise di debellare la fame nel mondo. Si stabilì allora l’obbiettivo di dimezzare il numero delle persone denutrite entro il 2015. Quella meta, timida ed insufficiente, oggi sembrerebbe una chimera.

La crisi alimentare mondiale non è un fenomeno circostanziale. La gravità delle sue recenti manifestazioni, in un mondo che produce sufficienti alimenti per tutti, è un chiaro riflesso della sua natura sistemica e strutturale.

La fame e la denutrizione sono conseguenze di un ordine economico internazionale che sostiene e incrementa la povertà, la disuguaglianza e l’ingiustizia.  

I paesi del Nord hanno un’indiscutibile responsabilità per la fame e la denutrizione di 854 milioni di persone. Hanno imposto la liberalizzazione commerciale tra protagonisti chiaramente disuguali e le ricette finanziarie d’adeguamento strutturale. Hanno provocato la rovina di molti piccoli produttori del Sud ed hanno trasformato in importatori assoluti d’alimenti paesi che prima erano autosufficienti e perfino li esportavano.

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Alcune riflessioni di un amministratore di sinistra sul taglio dell’Ici

di Stefano Cristiano, assessore al Comune di Pistoia

Un paio di giorni fa mi è arrivato a casa un bollettino… panico! Apro la busta con circospetta preoccupazione e… sorpresa non vedo numeri. Anzi al posto della cifra ci sono degli allegri asterischi… e’ la comunicazione che per quest’anno NON DOVRO’ PAGARE L’ICI!!!
Evviva, verrebbe da dire, risparmieremo 200€ l’anno! La mia famiglia potrà permettersi due pieni di gasolio in più, o addirittura due paia di scarpine NUOVE alle bambine. Quel pusillanime di Prodi aveva cancellato l’ICI, pensate un po’, solo ai possessori di redditi più bassi. Una roba da vecchio stalinista incallito. Ma Berlusconi ci libera tutti da questo iniquo balzello. Da oggi molti italiani potranno guardare al proprio futuro con rinnovata fiducia. E’ vero, i soliti disfattisti di sinistra continueranno a dire che l’inflazione reale sui beni di prima necessità aumenta ogni anno del 12-13%, strappando brandelli di carne dalle famiglie più fragili; ribadiranno stancamente che i nostri salari sono i più bassi d’Europa mentre i livelli di precarietà sono fra i più alti! Ma che importa, da oggi l’assessore di Pistoia, o il commercialista di Milano, non pagheranno più l’ICI sulla prima casa, e chi la casa non ce l’ha è bene che si attrezzi in fretta. Non solo! Il “Cavaliere” promette a noi amministratori locali, spreconi e scalda sedie, che quel taglio non avrà conseguenze per le risorse locali. Meraviglioso! Se non è il socialismo, poco ci manca! Tutto bene dunque? Neanche per sogno. Pensate che quei mafiosi e perdigiorno di siciliani non capiscono che, per finanziare questa operazione “progressiva”, bisogna tagliare gli “sprechi”. Ebbene quegli egoisti non si accontentano di veder realizzato il Ponte sullo Stretto di Messina, che permetterà di risparmiare qualche minuto di percorrenza alla modica cifra di 6 miliardi di €, ma pretendono, guarda un po’, di avere strade provinciali e trasporti locali più agevoli per chi lavora, studia o fa il pendolare. Veramente incredibile!

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Il sindacato di classe è tramontato

Così Epifani alla conferenza d’organizzazione, il cui documento finale passa con 582 sì, 129 astenuti (la Fiom di Rinaldini) e 16 contrari (rete 28 aprile). Un anticipo dello scontro congressuale di Fabio Sebastiani

«Non si può giocare in difesa, è inutile chiudersi in una casamatta quando hai davanti un quadro difficile come quello di oggi, bisogna rischiare, non stare fermi».

Era quasi inevitabile che la Conferenza d’organizzazione della Cgil si trasformasse in un congresso in sedicesimo. E il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, nelle conclusioni non si è sottratto certo al clima. Se da una parte ha replicato quasi punto per punto agli attacchi del segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini, dall’altro ha riproposto la chiave della sua strategia, ovvero che Confindustria e Governo non sono così impenetrabili come sembrano e quindi vale la pena tentare di portare a casa un risultato utile per il sindacato. Sembra proprio che il disastro della “concertazione-uno” non abbia insegnato nulla. Secondo Epifani, oggi non c’è più il conflitto capitale/lavoro a caratterizzare l’orizzonte dei rapporti sociali e politici. «Le contraddizioni riguardano anche le imprese al loro interno e i rapporti tra lavoratori». E’ vano pensare, quindi, che si possa costruire un argine all’offensiva delle imprese sul contratto nazionale.

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L’onda lunga della crisi finanziaria

di Joseph Halevi

su Il Manifesto del 01/06/2008

Per George Soros la crisi finanziaria legata al crollo delle cartolarizzazioni dei mutui del subprime del 2007 è stata la più grave dallo sprofondamento della borsa di Wall Street del 1929. Secondo il finanziere statunitense essa non è stata ancora smaltita in quanto la restrizione creditizia sta facendo emergere delle grosse crepe nel mercato dei credit default swaps. Si tratta cioè di quei prodotti derivati che «assicurano» contro un eventuale fallimento del debitore.

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