Documento approvato dal Comitato politico nazionale del 9 e 10 marzo 2013

 

 

Il CPN del PRC esprime il proprio ringraziamento a tutti i compagni e le compagne che si sono impegnati con generosità e passione anche in questa difficilissima campagna elettorale, dimostrando che Rifondazione Comunista rimane una risorsa imprescindibile per la sinistra e la democrazia in Italia, un patrimonio umano e politico il cui valore nessuna soglia di sbarramento antidemocratica può cancellare.
Va riconosciuto il fallimento del tentativo di Rivoluzione Civile che non è riuscita a diventare il punto di riferimento per la domanda di cambiamento e la protesta di milioni di elettori. Hanno contribuito alla sconfitta elettorale sicuramente limiti soggettivi nostri e dei nostri interlocutori e alleati. In particolare il ritardo e la conseguente rapidità nel configurare lo stesso progetto ne hanno impedito una costruzione democratica e partecipata. Non va sottovalutato che la collocazione in alternativa al PD per il PRC era una scelta maturata da tempo e unanimemente condivisa all’interno, mentre per gli altri soggetti politici della lista si è trattato di uno sbocco obbligato a causa della chiusura del PD nei loro confronti. La stessa esperienza della Federazione della sinistra si era arenata sul nodo dell’alleanza con il PD. Anche un processo partecipato come quello apertosi con l’appello “Cambiare si può” è giunto troppo tardi per poter determinare un percorso condiviso di costruzione unitaria dal basso. Rivoluzione Civile, che pure avrebbe dovuto coniugare questione morale e questioni sociali ed economiche, non è riuscita a definire e a presentarsi con un profilo e un’identità forti dentro la campagna elettorale in cui sia la crisi economica che il rifiuto di una politica corrotta sono stati temi centrali. Leggi tutto “Documento approvato dal Comitato politico nazionale del 9 e 10 marzo 2013”

Undici tesi sul risultato elettorale

 

  • di Angelo d’Orsi

 

E ora? Mi aggiro in uno scenario che non mi piace: la fastidiosa sbornia dei vincitori; le grottesche giustificazioni dei perdenti; il silenzio imbarazzato di chi pronosticava tutt’altro esito; e, personalmente, tento di elaborare il lutto, essendo tra coloro che votavano sapendo di essere comunque sconfitti, al di là dei risultati specifici ottenuti dalle liste su cui avessero tracciato il loro segno. Sconfitto, in quanto nessuno dei contendenti esprimeva il mio pensiero, e soprattutto, anche chi sentivo più vicino, aveva scelto procedure e metodi all’insegna di una “vecchia politica” (non trasparente, non democratica, verticistica, e comunque battuta nelle urne) nella costruzione del progetto e nella definizione delle liste. E poiché non faccio il politico, di professione, bensì lo studioso, invece di imprecare, o gioire, o giustificare, provo a ragionare, sulle cause di quella che è comunque una sconfitta forse epocale della sinistra, o almeno di quello che finora abbiamo chiamato “sinistra”. E l’esito della mia riflessione è per me devastante. Mi sento solo, come non mai. Eppure le possibilità di vedere una luce esistono, almeno sul piano della mera logica. Con uno sforzo non indifferente, cerco di fare luce in questa nebbiosa situazione postelettorale. Chiedo aiuto al “Segretario fiorentino”, il grande Niccolò, ricordando che Il Principe – il capolavoro della teoria politica di tutti i tempi – fu da lui scritto esattamente mezzo millennio fa, sulla base dell’esperienza politica diretta, e sulla base della conoscenza della storia: le due fonti del pensiero di Machiavelli: un ausilio indispensabile ancora per riflettere sull’universo politico. E mi perdoni Marx, per il vezzo delle undici tesi.

Prima tesi. Non si sconfigge l’avversario diretto ignorandolo, o usando contro di lui il fioretto.
La campagna elettorale di Bersani, di Vendola, di Ingroia è stata minimalista, sia nelle forme, sia nel contenuto. Tutti e tre, e i loro alleati, sono caduti nell’errore di ostentare un atteggiamento di sicurezza sui risultati, ritenendo non solo fuori gioco Berlusconi, ma non attaccandolo neppure con energia. La campagna “bene educata” l’aveva già condotta Veltroni nella precedente tornata elettorale con i risultati disastrosi che conosciamo. Non si vince facendo le allusioni, le battutine, e nutrendo di metafore il proprio discorso. Ti devi presentare come avversario, non come socio e neppure come condomino. Specie in una contesa in cui l’avversario ti attacca in modo violento. Anzi, in una campagna elettorale l’avversario diventa nemico: e i nemici bisogna “spegnerli”, insegna Machiavelli. La rivoluzione non è un pranzo di gala (Mao), ma non lo è neppure una elezione in un momento drammatico come il presente della storia d’Italia. Ingroia, addirittura, ha commesso il solito errore (un errore storico della sinistra in Italia) di attaccare più spesso e con maggior foga sia i suoi possibili alleati (ossia coloro che poi a giorni alterni invitava all’alleanza), che il nemico n. 1, ossia Berlusconi. Bersani, ha posto sullo stesso piano il PDL e M5S. E ora, nelle lungaggini del trattativismo post-voto sembra essere ancora oscillante, tra i due poli.
In ogni caso è mancata a tutti i candidati del Centrosinistra l’aggressività necessaria, tanto più in una situazione catastrofica come la presente. Nessuno di loro ha saputo essere “lione”; ma, ahinoi, neppure “golpe”: né energia, né astuzia. Quello invece che hanno mostrato Berlusconi e Grillo (Monti era dal canto suo piuttosto patetico, e il Vaticano, massoneria e Confindustria non gli sono bastati a farlo decollare). Leggi tutto “Undici tesi sul risultato elettorale”

DEMOCRAZIA APPESA AD UN SOFTWARE

 

 

In viaggio tra influencer e troll nel complicato mondo dei commenti grillini pro e contro la fiducia. «On line il 90% dei contenuti è creato dal 10% degli utenti». La massima del marketing virale firmata Gianroberto Casaleggio ricorda e capovolge quel «Siamo il 99%», slogan lanciato dai movimenti Occupy in tutto il mondo

Una delle più note massime di Gianroberto Casaleggio – pubblicata sul suo sito 3 anni fa – recita così: «On line il 90% dei contenuti è creato dal 10% degli utenti. Questi utenti sono gli influencer». L’espressione non è sua, ma dell’esperto americano di marketing Paul Gillin, che l’ha coniata per primo. Aggiorna, se vogliamo, all’era della Rete, le vecchie ricerche anni ’50 del sociologo Paul Lazarsfeld, che osservò il ruolo degli opinion leader nella diffusione a due fasi della comunicazione mediatico-politica, e definì la loro «influenza», appunto.

«Gli influencer – continua Casaleggio – vanno valutati come asset strategici delle aziende». Hanno blog, postano video, sono attivi sui social network, e perciò possono convincere a vendere auto, telefonini, vacanze, pannolini. Come ben sa, aggiungiamo, chi si avventura sui siti che propongono «l’opinione degli utenti» a proposito di prodotti e servizi sul mercato: opinioni spesso finte, pagate, sollecitate secondo le regole del marketing virale. Nel post di Casaleggio sugli influencer non si fa cenno alla politica, e neppure al ruolo degli influencer nello spostare voti. Il fenomeno è entrato da qualche tempo nelle agende degli studiosi di comunicazione. Non andrebbe tuttavia dimenticato che un saggio sul legame tra marketing e politica lo diede Forza Italia nel 1993, che in mancanza di internet usò la rete dei venditori Publitalia per dare una struttura territoriale al movimento.
Il legame tra marketing e politica o – detta in altri termini – la questione della democrazia interna al moVimento, lo sappiamo, è quello che ha fatto storcere il naso a parecchi. Fino al giorno delle elezioni, questo genere di sospetti e ironie sono stati rilanciati e dibattuti ampiamente dalla Rete. Con scarso successo, si direbbe (e certamente con notevole sottovalutazione della profondità del fenomeno). Ma il dibattito non è certo finito e anzi attende i «grillini» alle loro prime mosse da cittadini eletti (vedi l’intervista a Wu Ming ieri su questo giornale). Lunedì prossimo i cittadini eletti del MoVimento si incontreranno a Roma con Grillo, Casaleggio e con lo «staff». Ecco una buona occasione per cercare di capire qualcosa di più concreto di quel che accadrà. Leggi tutto “DEMOCRAZIA APPESA AD UN SOFTWARE”

Wu Ming: “Grillo cresce sulle macerie dei movimenti”

 

 

 

«Insieme a Casaleggio amministra l’assenza di un’opposizione radicale contro l’austerità europea»

Quella di Grillo è una strategia diversiva. Serve a spingere l’«indignazione», tanto celebrata nelle acampadas spagnole o negli Occupy americani, lontano dalle piazze italiane. Più la crisi diventa feroce e più le scariche di risentimento vengono fatte confluire in un comodo format, quello del blog del Capo dei Cinque Stelle che solletica il giustizialismo giacobino contro la «casta» e le sue maschere.
Per Wu Ming, il collettivo dei cinque scrittori autori di Q, (come Luther Blissett), 54 e Altai, il movimento 5 stelle ha inquadrato le energie potenziali di una rivolta contro l’austerità in una gabbia discorsiva che fa la parodia del conflitto politico, lasciandolo amministrare da «un’organizzazione settario-aziendale» (la Casaleggio&Associati) e dalla guida simbolica di Beppe Grillo. Per loro il radicalismo pentastellato «amministra la mancanza di movimenti radicali in Italia».
La tesi esposta con determinazione in un articolo sul sito di Internazionale, è stata ampliata su «Giap», l’influente blog dei Wu Ming, interrompendo il silenzio attonito dei movimenti che hanno attraversato l’ultimo decennio, da Genova alle campagne sui beni c«uni.

Voi dite che Grillo non è un incendiario ma un pompiere, perché pratica la sistematica occupazione dello spazio discorsivo dei movimenti: la No-Tav, l’acqua bene comune, la scuola e l’università, il reddito. E lo ricolloca in una cornice che definite di «destra». Potete spiegare che cosa significa?
La nascita del grillismo è una conseguenza della crisi dei movimenti altermondialisti di inizio decennio. Man mano che quel fiume si prosciugava, il grillismo iniziava a scorrere nel vecchio letto. Nei primi anni, i liquidi erano ancora «misti», e questo ha impedito di vedere cosa si agitava nel miscuglio, oltre ad attenuare certe puzze. In seguito, la crescita tumultuosa del M5S è divenuta a sua volta una causa – o almeno una concausa importante – dell’assenza di movimenti radicali in Italia, per via della sistematica «cattura» delle istanze delle lotte territoriali, soprattutto di quelle più «fotogeniche». Non c’è lotta «civica» su cui il M5S non abbia messo il cappello, descrivendosi come suo unico protagonista. Temi, rivendicazioni e parole d’ordine sono stati cooptati e rideclinati in un discorso confusionista e classicamente «né-né», cioè che si presenta come oltre la destra e oltre la sinistra. È un discorso che accumula sempre più contraddizioni, perché mette insieme ultraliberismo e difesa dei beni comuni, retorica della democrazia diretta e grillocentrico «principio del capo», appoggio ai No Tav che fanno disobbedienza civile e legalitarismo spicciolo che confonde l’etica col non avere condanne giudiziarie. Quest’ultimo aspetto era già evidente al primo V Day, quando dal palco Grillo accomunò Daniele Farina del Leoncavallo a gente in odore di mafia, solo perché anche lui aveva «condanne». Già tutto questo tanfa di cultura di destra, ma a essere destrorso è innanzitutto il racconto dell’Italia che fa Grillo. Leggi tutto “Wu Ming: “Grillo cresce sulle macerie dei movimenti””

Dimissionaria la Segreteria Nazionale di Rifondazione Comunista

 

 

 

La segreteria nazionale di Rifondazione Comunista, riunita per valutare i risultati delle elezioni politiche, desidera innanzitutto ringraziare le compagne e i compagni per la generosità del loro impegno personale, sia sul piano politico che organizzativo. Le compagne e i compagni di Rifondazione sono stati infatti la spina dorsale della campagna elettorale di Rivoluzione Civile sui territori.
Il risultato di Rivoluzione Civile è stato negativo. Non siamo riusciti in campagna elettorale a far emergere il profilo antiliberista, di sinistra  e popolare della lista, che è rimasta schiacciata tra le spinte al voto utile e quelle al voto di protesta. Al di la di ogni altra considerazione, l’insuccesso della lista ha quindi una precisa ragione politica nell’incapacità di interpretare ed intercettare il forte disagio sociale e il largo dissenso verso le politiche di austerità.
Le elezioni ci consegnano un quadro terremotato, un quadro di crisi organica del sistema in cui la crisi sociale si salda con una crisi istituzionale e con la completa delegittimazione del sistema politico.  Un quadro di crisi organica in cui il paese non si riconosce nelle politiche neoliberiste e nel sistema politico ma non ha maturato e non ha a disposizione alcuna alternativa. Non a caso  escono penalizzate le forze che più si sono identificate con le politiche di austerità e con la governabilità, a partire da Monti per arrivare fino al PD. Parallelamente Berlusconi è stato premiato per il suo smarcarsi dalle politiche del governo Monti e Grillo risulta il vero vincitore delle elezioni perché è stato individuato come il veicolo più efficace contro il sistema politico in quanto tale e le politiche economiche che lo hanno caratterizzato. Il risultato del voto non è quindi un rivoluzione ma l’approfondirsi della crisi del sistema, crisi plasticamente rappresentata dall’impossibilità di determinare in parlamento una maggioranza di governo.
L’ingovernabilità e la crisi verticale del sistema politico è anche il risultato perverso della forzatura antidemocratica attuata da Napolitano – sotto dettatura dei poteri forti – nel novembre 2011 . Il rischio è che adesso le classi dirigenti facciano una ulteriore forzatura per proseguire le politiche di rigore e austerità: Che di fronte all’assenza del consenso popolare, puntino ad uno scardinamento Costituzionale in senso presidenzialista per determinare in forma autoritaria quella governabilità che non sono stati in grado di costruire attraverso il consenso attivo.
Noi ci opponiamo radicalmente a questa prospettiva e proponiamo l’abbandono delle politiche neoliberiste e la ricostruzione democratica partecipata di un rinnovato sistema politico basato su un sistema elettorale proporzionale. Crisi sociale e crisi istituzionale hanno cioè una soluzione solo nella direzione di maggiore giustizia sociale e maggiore democrazia.
A tal fine è necessario rilanciare con forza la costruzione di un polo politico della sinistra antiliberista e proponiamo che Rivoluzione Civile dia vita ad questo vero e proprio processo costituente, democratico e partecipato.  Parallelamente è necessario rafforzare e qualificare l’azione di Rifondazione Comunista che di questo processo di unità della sinistra antiliberista deve essere motore e protagonista.
Per aprire la discussione sui risultati elettorali e sulla ridefinizione del nostro progetto strategico – che dovrà trovare nei tempi e nei modo opportuni una sistematizzazione congressuale – è convocata per il 29 p.v. la Direzione Nazionale e per il 9/10 marzo il CPN, a cui la segreteria nazionale rimetterà il suo mandato.

Non fatevi ingannare dal voto utile

 

 

“L’appello al voto utile è un inganno”. Questo il messaggio che Antonio Ingroia ribadisce a Perugia, prima tappa della giornata umbra. Nell’affollata sala dei Notari il leader di Rivoluzione Civile aggiunge: “chi sta favorendo il centrodestra è chi si prepara a fare un governo con Monti perché Monti è il centrodestra”.
Questo non esclude, però, convergenze rispetto alla altre forze politiche: “Rivoluzione civile ha il programma più dettagliato e più coerente di qualsiasi altra lista ed è benvenuto chiunque converga sulle nostre posizioni”. Per esempio, una delle priorità di Rivoluzione Civile è la riforma della giustizia: “Abbiamo bisogno di un processo breve e di una prescrizione lunga e dovremmo cancellare le leggi ‘ad personam’ per fare un’efficace legislazione contro i corrotti”.
A una settimana dal voto il leader di Rc è sereno, come dichiara nell’intervista rilasciata nel pomeriggio a TgCom24: “Sto incontrando tanti cittadini con grande voglia di partecipare e di fare quella rivoluzione pacifica che proponiamo – dichiara – sono confortato e rassicurato da quello che vedo e che sento”. Gli italiani, infatti, ascoltano con attenzione quello che Rivoluzione Civile ha da dire, nonostante il sistema dell’informazione e le altre forze politiche stiano cercando di oscurarla: “cercano di escluderci dall`inizio della campagna elettorale anche dai dibattiti Tv. Forse anche Monti ha paura di confrontarsi con i temi e con i contenuti di Ingroia e Rivoluzione Civile”.  E anche Beppe Grillo, che dice di stare dalla parte dei cittadini, non ha una vera proposta politica per Ingroia: “è facile dichiarare a parole di essere contro la Casta, ma in questo momento è grazie alla magistratura che la Casta viene portata alla sbarra. Noi stiamo dalla parte della magistratura che vuole tutelare i cittadini onesti”.
Del resto il primo problema italiano è quello della corruzione e della malapolitica: “l’Italia di oggi ormai è una tangentopoli a cielo aperto – continua Ingroia a Tgcom – ma il merito di aver scoperchiato questa nuova Tangentopoli è della magistratura, mentre Monti è responsabile per non aver messo in piedi dei rimedi adeguati per contrastare la corruzione”. Rivoluzione Civile, invece, vuole ripartire proprio dalla lotta all’evasione, alla criminalità e alla corruzione per far uscire il Paese dalla crisi: “La nostra proposta è di confiscare i patrimoni ai corrotti e agli evasori fiscali. Noi – conclude – abbiamo un obiettivo ambizioso, quello di eliminare la mafia, colpendola nel suo cuore finanziario, contrastando le collusioni con la politica e bloccando la sua diffusione”.