Rabbia e delusione. Sono queste le emozioni che adesso restano dopo il rapido susseguirsi di eventi che hanno portato Rifondazione Comunista a porsi in maniera estremamente critica sul processo organizzativo di Potere al Popolo. Vorrei subito mettere in chiaro che abbiamo perso tutti, a prescindere dal lato al quale si voglia addossare la colpa. Abbiamo perso perché l’unità della sinistra di alternativa non può fare a meno di nessuna delle sue componenti e perché questa unità è la via obbligata per dare alla città ed al paese le politiche redistributive e progressiste delle quali abbiamo disperato bisogno. Non quelle a debito che fanno alzare lo spread del governo pentaleghista, ma quelle che aboliscono la legge Fornero perché hanno il coraggio di togliere a chi ha, per dare a chi non ha.
Ho partecipato a Potere al Popolo fin dalla sua nascita alla prima assemblea romana, lo vedevo come un contenitore dove lo stato disperato di questa povera Italia potesse farci trovare un minimo comune denominatore, un movimento che mettesse insieme partiti, associazioni, comitati, vertenze e singoli aderenti. Un movimento capace di esulare dalle dicotomie che tanto vanno di moda come quelle tra vecchio e nuovo, noi e loro, giovani e anziani, bravi ragazzi e brutti politicanti, gente del fare e gente del parlare, potrei naturalmente andare oltre, perché tutti i giorni siamo immersi in questo “cambiamentismo senza bussola”. La politica è sostanzialmente una cosa, la composizione di interessi contrapposti e da quale parte far pendere l’ago della bilancia dipende dalla visione del mondo che abbiamo in testa e quest’ultima dall’ideologia. La politica non è onestà e buon senso, che ne rappresentano solo i prerequisiti, ma la costante ricerca del modo di favorire gli interessi che abbiamo individuato per costruire la società che vogliamo. Ho avuto la fortuna di poter studiare, solo per capire che non mi sarebbe bastata questa vita per avere sempre la risposta giusta. La costruzione di un soggetto politico, che è strumento per incidere nella società, deve seguire la stessa logica. In caso contrario non farebbe che scadere nelle false certezze dei nostri tempi, dettate da poco studio e tanta superficialità.
La decisione di procedere alla strutturazione di Potere al Popolo per statuti contrapposti, scelta che abbiamo contestato, rappresentava già in partenza un fallimento annunciato. Rifondazione Comunista, anche dopo l’abbandono di PCI e sinistra anticapitalista, ha continuato a credere ad a mobilitarsi per Potere al Popolo, che era e resta un soggetto ad adesione individuale, non partitica. Leggendo i commenti sulla vicenda, non credevo che verso il partito che ho l’onore di guidare si nutrisse un odio tanto viscerale da parte di compagni e compagne con i quali abbiamo collaborato e costruito momenti interessanti. Come segretario ho il dovere di rispedirli con fermezza al mittente perché la comunità che guido è fatta di persone straordinarie, di militanti che non ricevono 1 Euro per la propria attività, che vivono anche con rischio privato l’adesione ad un partito che si chiama Rifondazione Comunista, sono studenti, impiegati, disoccupati ed operai, esattamente come la gran parte di società ridotta allo stremo dal neoliberismo che caratterizza questa fase della storia del capitale. Con altrettanta fermezza rispedisco al mittente anche l’idea che i militanti locali del PRC siano “buoni” mentre i loro dirigenti nazionali siano “cattivi” perché abbiamo contribuito ad eleggerli, perché abbiamo dato loro ripetutamente fiducia, perché abbiamo regole democratiche al nostro interno per costringerli a rendere conto del proprio operato ed infine perché condividiamo la bontà delle ragioni espresse, molte delle quali avevano proprio a che fare con la democraticità di Potere al Popolo.
Forse dovevamo accorgerci prima che PaP non sarebbe stato quello che credevamo, perché questo ha dato modo ai nostri detrattori di accusarci delle peggiori nefandezze e di essere d’ostacolo al sorgere del sol dell’avvenire. In terra però non ci sono macerie, Potere al Popolo è riuscita a mobilitare una fetta importante di società che era estranea alla politica e questo è un bene immenso, ha permesso a mondi che non si parlavano da troppo tempo di ricucire rapporti e fiducia personale ed infine ha ravvivato la militanza di tanti compagni e compagne di rifondazione Comunista. Continueremo a dare il nostro contributo nelle forme che decideremo nella fase di riflessione che adesso ci attende, ma credo però che in una casa comune non ci si debba sentire ospiti non graditi, e proprio per salvaguardare quello che abbiamo contribuito a costruire, soprattutto in vista degli importanti appuntamenti elettorali che ci attendono, riacquistiamo la nostra piena sovranità e libertà d’azione politica, per la costruzione di un’ampia coalizione d’alternativa netta a PD, M5S e destre.
Francesco Renda
Segretario Federazione livornese Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea