Il Tar del Lazio accoglie il ricorso presentato dalla Federazione della Sinistra

Condannati al pagamento delle spese di giudizio il Comune di Roma e la Presidenza del Consiglio dei ministri. Peduzzi, Nobile e Alberti (Fds): “Con questa pronuncia è stato bloccato il tentativo subdolo della giunta capitolina di reprimere il conflitto sociale”

“Manifestare non è un reato, con buona pace di Alemanno e della Giunta di Roma. Lo ha stabilito stamane il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso presentato dalla Federazione della Sinistra” lo rendono noto i consiglieri regionali della Federazione della Sinistra, Ivano Peduzzi e Fabio Nobile e il portavoce romano della Fds, Fabio Alberti.

“Il Tribunale Amministrativo ha annullato l’ordinanza condannando il Comune di Roma e la Presidenza del Consiglio dei ministri al pagamento delle spese di giudizio. E’ una sentenza molto importante – dichiarano in una nota congiunta Peduzzi, Nobile e Alberti – perché stabilisce l’impossibilità per Alemanno e la sua Giunta di porre in essere in futuro atti di analogo contenuto”.

“Grande soddisfazione per la Federazione della Sinistra, perché con questa pronuncia è stato bloccato il tentativo subdolo della giunta capitolina di reprimere il conflitto sociale. In un momento come questo – concludono – in cui i provvedimenti antipopolari sono all’ordine del giorno, è stato ripristinato un diritto fondamentale: quello di manifestare. Da oggi, le strade e le piazze di Roma tornano libere”.

IL LAVORO E LA CRISI:CRONACHE DI ORDINARIO CAPITALISMO

(Livorno, 21 gennaio 2012 – Sintesi degli interventi durante le iniziative del 91° anniversario della nascita del PCd’I)

di Bruno Steri

Lavoro e capitale.
Avrei voluto celebrare questa data, così significativa per noi comunisti, con animo ben diverso. Noi sappiamo dare ai simboli il valore che meritano e, insieme, non ci piace togliere lo sguardo dalla realtà concreta. Per questo, i compagni di Livorno hanno voluto evitare di dare a questa ricorrenza un significato meramente celebrativo e hanno deciso di dedicare il nostro incontro alla realtà del lavoro.
Una realtà pesante, per questo territorio e in generale per il Paese, come si evince anche dall’intervento introduttivo che mi ha preceduto: decine e decine di fabbriche in crisi, migliaia di lavoratrici e lavoratori con la prospettiva immediata di perdere il loro posto di lavoro. Una miriade di aziende piccole e medie; e grandi insediamenti produttivi. Come Fincantieri, i cui lavoratori ad Ancona riescono con la lotta ad impedire la chiusura di una sede che è parte della storia di quella città; ma che in un’altra sede non troppo lontana da qui, a Sestri Ponente, intende mandare in cassa integrazione 740 addetti (2 mila e 500, considerando l’indotto), senza che sia indicata una vera prospettiva di sviluppo del settore. Qui a Livorno c’è gente di mare, siete cittadini di una città che gestisce uno dei grandi porti del Mediterraneo; e ne sapete più di me. Mi chiedo: ha Fincantieri un amministratore delegato? Lo ha avuto in questi ultimi anni? E dov’era il governo? Possibile che solo oggi si scopra che la nostra cantieristica deve far fronte ad un calo degli ordinativi? Leggo che la Francia ha sì ridotto il volume produttivo e ristrutturato il settore, ma che in tale contesto ha nel contempo varato un piano industriale e programmato ingenti investimenti. Anche aprendo la strada a processi di riconversione industriale; ma, innanzitutto, curando le potenzialità del settore. Da noi, ci fanno sapere che sono più che dimezzate le commesse per le navi da crociera. Questo però non significa che nel prossimo futuro non ci saranno più navi a solcare il mare: traghetti, navi per il trasporto merci, petroliere (casomai costruite alla luce di criteri innovativi e rese, grazie a ciò, “ecologiche”). Sono anni che si sente parlare di “trasporto intermodale”, di “autostrade del mare”: ma occorrerebbero piani generali, progettualità lungimiranti. Parliamo di settori di punta, di un lavoro che vanta altissime professionalità. Cos’hanno fatto i governi? E cos’ha fatto l’Europa?
In questi giorni, i quotidiani hanno pubblicato la mappa dei settori in crisi. E’ un quadro del nostro Paese assai desolante: si va dall’automobile (con la Fiat che nel 2010 ha prodotto un quarto delle vetture prodotte 20 anni fa, a fronte di un mercato sempre più saturo) alla chimica e alla siderurgia, fino agli elettrodomestici (con la crisi di nomi che – si pensi a Candy – hanno a suo tempo popolato l’immaginario dell’italico boom economico). Beninteso, tutto ciò non avviene per un accidente della natura, ha a che vedere con la crisi strutturale del modo di produzione capitalistico (come è stato sottolineato nel documento congressuale del Prc), con il “ciclo lungo” (più che trentennale) di questa crisi, che ha determinato un calo di redditività dell’economia reale: o, per dirla con Marx, una caduta dei tassi di profitto. E ciò ha altresì a che vedere con la risposta “globalizzata” con cui le élites del sistema economico hanno reagito: finanziarizzazione, libera circolazione dei capitali, attacco al salario (vedi metodo Marchionne). Per molti territori del nostro Paese l’esito di tali processi è devastante. A Porto Vesme, in Sardegna, gli americani se ne vanno, l’Alcoa cessa di produrre alluminio e un intero territorio precipita nella povertà: l’Italia dovrà cercarsi alluminio all’estero, mentre il Sulcis Iglesiente (130 mila abitanti, dove dal 2007 ad oggi hanno già chiuso 3.700 partite Iva) vede scomparire una prospettiva di ripresa. Da tempo, la multinazionale in questione lamentava un eccessivo costo dell’energia, al di sopra della media europea. Lo stato ha garantito per anni finanziamenti e tariffe agevolate: loro fino a ieri hanno preso i soldi e oggi se ne vanno lo stesso. Leggi tutto “IL LAVORO E LA CRISI:CRONACHE DI ORDINARIO CAPITALISMO”

Uscire a sinistra dalla crisi per combattere l’immobilismo delle politiche portate avanti dalle amministrazioni locali. (interviste)

Uscire a sinistra dalla crisi non può prescindere dal fatto di contrastare l’immobilismo che si registra anche a Livorno. Lorenzo Cosimi, segretario Princiale del PRC -FdS di Livorno è chiaro su questo. E’ lo stesso Cosimi a sottolineare come sia in corso una crisi economica, occupazionale e con le stesse Istituzioni. “Il vuoto politico e istituzionale viene colmato da una proliferazione di comitati, verso i quali guardiamo con positività per quanto riguarda la partecipazione del Cittadino, ma che sono indice, appunto di un vuoto da colmare. Siamo abituati come comunisti a chiamare le cose con il proprio nome; ci è impossibile quindi giustificare ogni cosa rimandando tutto agli effetti della crisi. Nessuno può negare l’immobilismo e l’assoluta mancanza di volontà per dare risposte politiche adeguate da parte delle stesse amministrazioni locali.”
La ripercussione in ambito Portuale è grave, ed è lo stesso Mauro Grassi, segretario del circolo Porto del PRC di Livorno, a denunciare l’evidente attacco in corso nei confronti della Compagnia Portuali che si trova ad affrontare una vera e propria deregulation in ambito lavorativo locale. A farne le spese è per prima la sicurezza sul posto di lavoro, con la mancanza di controlli che la penalizzano sempre di più. Elemento cardine da affrontare è quello delle infrastrutture: c’è bisogno di investimenti per il fondale, per le banchine e per il collegamento ferroviario con l’Interporto. In questo contesto si apre un varco dentro al quale si inseriscono i privati che, invece di portare un valore aggiunto, cercano di fare opera di appropriazione.
Il tema dell’attacco alla Democrazia viene invece ripreso e rilanciato da Silvio Lami, capogruppo per il PRC alla Provincia di Livorno. Lami riprende per prima cosa la situazione portuale che per la Città labronica è esiziale. Più volte, come PRC è stata sottolineata la necessità di operare un ripensamento complessivo dei porti di Livorno e Piombino, in modo che possano beneficiare di una sinergia atta ad un rilancio comune, soprattutto nella prospettiva di quella che oggi viene considerata l’attività portuale del momento, l’economia turistica. Rimane scontato però, che questo non deve alienare l’attività tradizionale di un porto come quello di Livorno che da decenni ha operato sui traffici marittimi di ben altra natura. Dobbiamo quindi intervenire con strumenti adatti al mantenimento e ad un miglioramento della tipologia del lavoro portuale che viene svolto da tempo immemorabile (lavorando soprattutto sulle infrastrutture, come diceva prima Grassi)e nello stesso momento cercando di sviluppare adeguatamente, ma non a discapito del precedente,quella nuova prospettiva che è rappresentata dallo sviluppo del traffico turistico.
Per concludere, Silvio Lami mostra tutta la sua preoccupazione e quella dello stesso PRC, nei confronti dell’attacco alla democrazia sui luoghi di lavoro. Gli esempi si sprecano: da quello portato avanti nei confronti dei pescatori, a quello contro gli agricoltori, che vanno a sommarsi all’opera repressiva affidata alle forze dell’ordine verso altri e non meno importanti settori del mondo del lavoro. Tutto questo è indicativo della debolezza di un governo che non riesce a dare risposte migliori se non ricorrendo a strumenti visti in epoche passate. Un passo indietro grave che non può e non deve essere tollerato da chi ha a cuore il principio della democrazia.

Rifondazione toscana

“Se è positivo che – per il principio di precauzione – vengano annunciati monitoraggi continui al fine di verificare che non vi sia inquinamento del mare, certo non può dirsi soddisfacente il fatto che – nonostante il coinvolgimento, certo benvenuto, anche del governo -, manchi ancora una data certa per il recupero dei fusti, recupero a cui deve essere obbligato l’armatore della nave coinvolta in tempi necessariamente celeri. Bisogna infatti evitare il rischio di aspettare che il materiale finito in mare rimanga lì – seppur monitorato – magari finché non si possa realizzare il potenziale inquinamento. Leggi tutto “Rifondazione toscana”

Consiglio comunale: Porto – Piano Gallanti

Oggi ricominciamo la discussione sul porto, praticamente un dibattito che abbiamo cominciato a inizio legislatura. Oggi il nostro porto sconta i ritardi e le mancate scelte di programmazione di 4 anni di commissariamento, le problematiche messe in evidenza dalla crisi, la fase dell’elezione del Presidente dell’Autorità portuale, dopo le prese di posizione del Ministro Matteoli contro la volontà della città che hanno portato ulteriori ritardi, e ora c’è la necessità di aggiustare il tiro rispetto a una discussione che avevamo già intrapreso. Abbiamo perso molto tempo, e ora per il porto il fattore tempo è vitale.

Il porto rappresenta la maggior voce del Pil della città, e in un momento di crisi come quello che sta vivendo Livorno dove tutta una serie di situazioni che reggevano l’economia del nostro territorio ora non reggono più, penso alla crisi dell’industria, ma non solo,è chiaro che dire “il porto rappresenta il volano dell’economia”, rappresenta una realtà, non è solo un modo di dire. Quindi il futuro del porto rappresenta una preoccupazione che non può lasciare spazio a pregiudizi o preconcetti, tutti sappiamo il percorso che avevamo fatto prima, ora bisogna confrontarsi con qualcosa di diverso.

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