(Livorno, 21 gennaio 2012 – Sintesi degli interventi durante le iniziative del 91° anniversario della nascita del PCd’I)
di Bruno Steri
Lavoro e capitale.
Avrei voluto celebrare questa data, così significativa per noi comunisti, con animo ben diverso. Noi sappiamo dare ai simboli il valore che meritano e, insieme, non ci piace togliere lo sguardo dalla realtà concreta. Per questo, i compagni di Livorno hanno voluto evitare di dare a questa ricorrenza un significato meramente celebrativo e hanno deciso di dedicare il nostro incontro alla realtà del lavoro.
Una realtà pesante, per questo territorio e in generale per il Paese, come si evince anche dall’intervento introduttivo che mi ha preceduto: decine e decine di fabbriche in crisi, migliaia di lavoratrici e lavoratori con la prospettiva immediata di perdere il loro posto di lavoro. Una miriade di aziende piccole e medie; e grandi insediamenti produttivi. Come Fincantieri, i cui lavoratori ad Ancona riescono con la lotta ad impedire la chiusura di una sede che è parte della storia di quella città; ma che in un’altra sede non troppo lontana da qui, a Sestri Ponente, intende mandare in cassa integrazione 740 addetti (2 mila e 500, considerando l’indotto), senza che sia indicata una vera prospettiva di sviluppo del settore. Qui a Livorno c’è gente di mare, siete cittadini di una città che gestisce uno dei grandi porti del Mediterraneo; e ne sapete più di me. Mi chiedo: ha Fincantieri un amministratore delegato? Lo ha avuto in questi ultimi anni? E dov’era il governo? Possibile che solo oggi si scopra che la nostra cantieristica deve far fronte ad un calo degli ordinativi? Leggo che la Francia ha sì ridotto il volume produttivo e ristrutturato il settore, ma che in tale contesto ha nel contempo varato un piano industriale e programmato ingenti investimenti. Anche aprendo la strada a processi di riconversione industriale; ma, innanzitutto, curando le potenzialità del settore. Da noi, ci fanno sapere che sono più che dimezzate le commesse per le navi da crociera. Questo però non significa che nel prossimo futuro non ci saranno più navi a solcare il mare: traghetti, navi per il trasporto merci, petroliere (casomai costruite alla luce di criteri innovativi e rese, grazie a ciò, “ecologiche”). Sono anni che si sente parlare di “trasporto intermodale”, di “autostrade del mare”: ma occorrerebbero piani generali, progettualità lungimiranti. Parliamo di settori di punta, di un lavoro che vanta altissime professionalità. Cos’hanno fatto i governi? E cos’ha fatto l’Europa?
In questi giorni, i quotidiani hanno pubblicato la mappa dei settori in crisi. E’ un quadro del nostro Paese assai desolante: si va dall’automobile (con la Fiat che nel 2010 ha prodotto un quarto delle vetture prodotte 20 anni fa, a fronte di un mercato sempre più saturo) alla chimica e alla siderurgia, fino agli elettrodomestici (con la crisi di nomi che – si pensi a Candy – hanno a suo tempo popolato l’immaginario dell’italico boom economico). Beninteso, tutto ciò non avviene per un accidente della natura, ha a che vedere con la crisi strutturale del modo di produzione capitalistico (come è stato sottolineato nel documento congressuale del Prc), con il “ciclo lungo” (più che trentennale) di questa crisi, che ha determinato un calo di redditività dell’economia reale: o, per dirla con Marx, una caduta dei tassi di profitto. E ciò ha altresì a che vedere con la risposta “globalizzata” con cui le élites del sistema economico hanno reagito: finanziarizzazione, libera circolazione dei capitali, attacco al salario (vedi metodo Marchionne). Per molti territori del nostro Paese l’esito di tali processi è devastante. A Porto Vesme, in Sardegna, gli americani se ne vanno, l’Alcoa cessa di produrre alluminio e un intero territorio precipita nella povertà: l’Italia dovrà cercarsi alluminio all’estero, mentre il Sulcis Iglesiente (130 mila abitanti, dove dal 2007 ad oggi hanno già chiuso 3.700 partite Iva) vede scomparire una prospettiva di ripresa. Da tempo, la multinazionale in questione lamentava un eccessivo costo dell’energia, al di sopra della media europea. Lo stato ha garantito per anni finanziamenti e tariffe agevolate: loro fino a ieri hanno preso i soldi e oggi se ne vanno lo stesso. Leggi tutto “IL LAVORO E LA CRISI:CRONACHE DI ORDINARIO CAPITALISMO”