L’antifascismo si fa anche coi nomi delle strade

di Tonino Bucci

da Liberazione

La politica di oggi ama definirsi bipartisan e dialogante. L’Italia delle istituzioni appare un paese soft . Nei palazzi del potere si scrivono le leggi tutti assieme. Maggioranza e minoranza vanno di comune accordo e finalmente (per loro) il parlamento è stato “semplificato” (eufemismo per dire che non c’è più la sinistra rompiscatole). Il governo di centrodestra tira diritto per la sua strada ma senza scontri frontali. E lancia messaggi di moderatismo e concordia.
Eppure la società ci rinvia un’immagine di segno opposto, quella di un’Italia hard , di un paese percorso nelle sue tante periferie da spiriti animali. Dalle città giungono notizie in sequenza di aggressioni, pogrom e caccia allo straniero in pieno stile neofascista. La società con i suoi processi di disgregazione, con le sue paure e le sue pulsioni violente, è pervasa da una cultura di destra che è divenuta ormai senso comune da bar.
C’è contraddizione fra il moderatismo della politica e le pulsioni viscerali del paese? In superficie forse sì. Il protagonismo aggressivo di formazioni di estrema destra come Forza Nuova – o dello squadrismo spontaneo che comunque ha interiorizzato i tratti culturali del fascismo – sono un ostacolo per la destra di governo, certo. Ma osservate in profondità quelle due Italie sono figlie l’una dell’altra. Sono il frutto di un corto circuito fra una politica di destra, padronale e securitaria, da un lato, e il populismo xenofobo di cui la prima ha bisogno per camminare e prosperare, dall’altro. C’è da farsi poche illusioni sul presunto moderatismo della destra di governo. Anche per quel che essa sta facendo nella cultura di questo paese.
Prendiamo l’esempio della toponomastica come la intende il neosindaco di Roma Alemanno. Nulla di più innocuo in apparenza. In fondo, dedicare una via ad Almirante e una a Berlinguer, una a Craxi e un’altra pure a Fanfani, sembrerebbe un gesto bipartisan, un segno di pacificazione fra tutte le storie politiche italiane. Ma dietro il linguaggio rassicurante della politica della destra si nasconde un estremismo minaccioso per la convivenza civile. Siamo di fronte a una gigantesca operazione sulla memoria storica: riaccreditare la storia del fascismo italiano nell’alveo delle culture politiche legittime e smantellare nel senso comune del paese quel che resta della cultura resistenziale e dei principi della Costituzione. Enzo Collotti non è certo tra coloro che ne sottovalutano la portata. C’è da credergli vista la sua lunga esperienza da storico della Resistenza e dei fascismi in Europa.

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Sinistra quanti sbagli….hai mummificato la Resistenza!!

di Vittorio Bonanni

da Liberazione

Il triangolo rosso, la violenza postliberazione in Emilia fatta di vendette ed esecuzioni sommarie, la delegittimazione dunque di quella lotta che sta invece alla base della nostra repubblica e quindi dell’antifascismo. Tutti questi elementi sono all’origine del lento e inesorabile smantellamento del “mito” della Resistenza, che proprio in Emilia Romagna, e in particolare a Reggio, aveva conosciuto i momenti più epici e forgiato l’identità della regione. Quei fatti, lungi dall’essere oggetto di indagine storiografica, sono invece stati usati in chiave politica. Basti pensare al “Chi sa parli” del 1990 di matrice craxista che diede la stura ad una vulgata storica che ha conosciuto la sua punta di diamante nei lavori di Giampaolo Pansa, in particolare Il sangue dei vinti . Chi ha cercato di vederci chiaro negli avvenimenti drammatici di quegli anni – 1945-46 – restituendo loro una dignità storica è Massimo Storchi, storico e responsabile del polo archivistico del comune di Reggio Emilia, che nel suo libro Il sangue dei vincitori. Saggio sui crimini fascisti e i processi del dopoguerra (1945-46) (Aliberti editore, pp. 286, euro 16), senza tralasciare le vendette sommarie messe in atto da ex-partigiani, punta l’indice contro la mancanza di giustizia nei riguardi dei crimini fascisti e fa risalire proprio a questo peccato originale l’incapacità della repubblica italiana di trovare un’identità abbastanza forte da resistere alle sfide del tempo.

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Dobbiamo chiederci: sicurezza per chi? Chi minaccia la sicurezza di chi?

di Mercedes Frias

su Liberazione del 31/05/2008

Un’ondata xenofoba senza precedenti. Il razzismo esploso nelle sue manifestazioni più violente. Flebili reazioni. Provano a reagire i soliti, ancora frastornati dalla frana culturale resa evidente dalle urne. E la potenziale opposizione parlamentare sembra anestetizzata. Incapace di dire, di fare, di muoversi in direzione diversa e contraria di quella della maggioranza. Evidentemente tutto marcia come dovrebbe secondo il loro disegno, secondo le loro prospettive di società. Balbettano ancora che la sinistra ha perso perché non ha capito il Paese, perché ha detto cose sbagliate sulla sicurezza. Colpisce però la miopia, la perseveranza nell’inseguire proclami sicuritari, che individuano nell’escluso il nemico, che fa diventare i dati un’opinione e la percezione pilotata l’unica certezza sulla quale costruire proposte rassicuranti delle fobie collettive costruite in mancanza di risposte ai bisogni della gente, all’impoverimento dilagante.

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Neo-fascismo e antifascismo, un’Italia senza memoria

di Raul Mordenti

su Il Manifesto del 01/06/2008

Il manifestarsi aperto e ripetuto del neofascismo a Roma porta alla luce la devastazione politico-culturale che l’ha reso possibile. Non si tratta solo del fatto si sono attesi i pogrom contro gli zingari, i pestaggi contro i gay e i diversi, le spedizioni squadristiche armate contro gli studenti per accorgersi che, forse, nella Roma felix veltroniana qualcosa non andava. Si tratta soprattutto di capire quale fascista immagine del fascismo sia stata lasciata passare in questi anni, fino a che essa è potuta diventare senso comune, egemonia. Ha detto tutto, a questo riguardo, il bellissimo fondo di Sandro Portelli sul Manifesto del 27/5.

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Dai Rosemberg a Mumia Abu Amal: ovvero, quando la democrazia americana è affidata alla cure del boia

di Sergio Ricaldone

da L’ERNESTO

E’ passato più di mezzo secolo, ma quel tragico giorno di 55 anni fa rimane indelebile nella memoria di quanti l’hanno vissuto.

19 giugno 1953, prigione di Sing Sing (New York). Sono da poco passate le 20.00, quando Julius Rosemberg, prima, e sua moglie Ethel, subito dopo, vengono uccisi da una scarica elettrica da 2000 volts c.c. a “nome del popolo americano”. Straziante l’agonia di Ethel: occorsero 20 interminabili minuti e tre micidiali scariche prima che il suo cuore si fermasse.

Difficile dimenticare quelle lunga giornata trascorsa nella vana attesa che la mano del boia fosse fermata. La tragica vendetta degli apparati di potere contro i Rosemberg doveva essere consumata ed avere un grande impatto simbolico: la Casa Bianca, e i centri del potere politico erano pronti a fermare con ogni mezzo il dilagare del comunismo nel mondo. A Milano erano le due di notte quando a Sing Sing furono chiusi i circuiti della sedia elettrica. Come in molte altre città europee, eravamo migliaia a presidiare ancora le vie del centro cingendo d’assedio il consolato USA. Giovani, donne, vecchi e bambini attendevano da ore nella vana speranza di un gesto di clemenza. Poi, un gelido cupo silenzio, seguito da molte lacrime e carico di collera, pose fine a quella drammatica notte.

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Almirante con tutti gli onori

di Andrea Fabozzi

su Il Manifesto del 29/05/2008

Omaggio della camera dei deputati al fondatore del Msi. Fini: difesa della razza vergognosa, ma fu un pacificatore. L’ossequio di Violante.

Un padre della patria forse è ancora troppo, ma un uomo politico che ha «reso più salda la democrazia italiana», «intuito il valore della pacificazione nazionale» e «difeso le istituzioni» quello sì, quello fu Giorgio Almirante. Almeno nella lettura di Gianfranco Fini che di Almirante fu il delfino e che si è trovato ieri nel ruolo d’onore, presidente della camera dei deputati, per poterlo celebrare a vent’anni dalla morte. La Fondazione della camera, guidata da Fausto Bertinotti in quanto ex presidente di Montecitorio, ha presentato la raccolta degli interventi parlamentari di Almirante, onore fin qui toccato a politici come Sandro Pertini, Concetto Marchesi e Bettino Craxi. Difensore delle istituzioni ma anche, ha riconosciuto sempre Fini in aula alla camera, autore di pensieri «certamente vergognosi».

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