Ritorno a Casa Cervi, lezione partigiana per l’Italia di oggi

di Orsola Casagrande

da Il Manifesto

Tre giorni di politica e storia nella prima festa nazionale dell’Anpi. Chiusa a Gattatico, di fronte all’abitazione della famiglia Cervi, sterminata dai nazisti nel novembre 1943. Migliaia di persone per ricordare e rivivere

Si respira una certa emozione in questa domenica mattina. C’è già tanta gente a casa Cervi e il girotondo di parole e di accenti rivela che sono arrivati da tutta Italia. Perché attraversare il podere dove vissero e furono arrestati i sette fratelli Cervi, entrare nelle stanze di questa famiglia resistente non è come visitare un museo qualunque. Qui si respira la storia che è presente. Trovarsi di fronte Adelmo (indaffarato nei preparativi della festa) figlio di Aldo, e i nipoti degli altri Cervi, i figli di Maria, figlia di Antenore Cervi e mancata l’anno scorso, mozza il respiro. Non è romanticismo è che a entrare e uscire da queste stanze ti pare di vederli i sette figli di Alcide, che cospirano, tramano, lavorano la terra, ridono. Fino a quegli ultimi momenti, quel «fatale 25 novembre 1943» come lo chiama Alcide Cervi nel suo libro I miei sette figli.

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Una grande e solida democrazia

Il Rettore autorizza l’accesso delle Forze dell’ordine all’Università

 

Venerdì 20 Giugno: sgomberata l’iniziativa organizzata dagli Studenti di Sinistra

Ieri sera, 20 Giugno 2008, attorno alle ore 18:00, la Polizia, dietro preciso ordine del Questore e dopo l’autorizzazione del Rettore all’ingresso negli spazi dell’Università, ha sgomberato il Concerto di Chiusura delle Notti Bianche in Facoltà”.

Questa iniziativa è stata promossa lo scorso Febbraio, in tutto l’Ateneo, attraverso il lancio di una piattaforma politica per il recupero e la riappropriazione degli spazi all’interno dell’Università e per la riproposizioni di tematiche ormai scomparse dal quotidiano dibattito pubblico. Dopo numerosi eventi che, con la collaborazione di tutti i Collettivi, abbiamo svolto nelle diverse Facoltà dell’Ateneo, il 20 Giugno avrebbe rappresentato la data conclusiva di questo progetto: un concerto gratuito organizzato negli spazi esterni del Polo Scientifico di Sesto Fiorentino, dagli studenti per gli studenti; erano previste le esibizioni di tre gruppi universitari (Le Clan Banlieue, Quebegue, Puta’s Fever) e di tre gruppi noti sul panorama nazionale (Killer Queen, La Banda Bassotti, Après La Classe).  Data la portata dell’evento, avevamo assicurato ai partecipanti tutte le misure di sicurezza necessarie (unità mobile di soccorso, servizi igienici, servizio d’ordine, protezione degli edifici universitari), oltre alle regolari autorizzazioni ottenute dal Preside di Facoltà (poi revocata solo qualche giorno fa, fuori dai tempi del Regolamento) e dal Comune di Sesto Fiorentino.

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Il caso Rosenberg

di Geraldina Colotti

da Il Manifesto del 22/06/2008

Parla il figlio dei due ebrei comunisti, giustiziati negli anni ’50: «Negli Usa un nuovo maccartismo»

«Vennero a prendere i miei genitori nel luglio 1950, dopo lo scoppio della guerra di Corea. Li uccisero il 19 giugno del ’53, poche settimane prima che finisse la guerra, ritenendoli colpevoli di cospirazione finalizzata allo spionaggio: un’accusa per cui non occorrevano prove», racconta al manifesto Robert Meerepol, figlio minore di Ethel e Julius Rosenberg. I Rosenberg, ebrei comunisti americani, vengono condannati per aver passato all’Urss le formule per costruire la bomba atomica. Ma per le migliaia di attivisti che li sostengono, si tratta di un processo farsa. Un processo che farà storia, come quello di Sacco e Vanzetti nel ’27 . Robert, che allora ha sei anni, finisce in orfanotrofio insieme al fratello Michael, finché i coniugi Meerepol, sfidando il clima da caccia alle streghe che vige negli anni del senatore repubblicano Joseph Mc Carthy, adottano i due bambini.

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Falce e martello come la svastica

di Franco Romano

da L’Ernesto

La decisione del parlamento di Vilnius, Lituania, di mettere al bando il simbolo comunista della falce e martello, equiparandolo alla svastica, è una decisione che non ci sorprende se la si legge nel contesto mondiale di rimozione di tutto ciò che potrebbe impedire il cammino del capitalismo neoliberista, oggi padrone del mondo. Allo stesso tempo, questa decisione, non ci fa perdere di vista la battaglia che in questi giorni di congresso l’area dell’Ernesto stà portando avanti per salvaguardare l’esistenza di quel simbolo e del partito stesso in chiave comunista. Alla luce di questo ennesimo attacco all’alternativa di società, ogni tentativo di rimodulare l’azione della politica della sinistra italiana, che non preveda la presenza di una forza comunista capace di attrarre attorno al tema principale dell’abbattimento di questo capitalismo le altre forze progressiste di sinistra, risulta fallimentare.

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Quello che i fascisti non vogliono sentir dire

Comunicato di Resistenza Universitaria – Militant – Collettivo A pugno chiuso

Dopo l’aggressione squadrista di martedì 27 maggio, vogliamo esprimere massima solidarietà ai compagni feriti e fermati dalle forze dell’ordine che si sono legittimamente difesi.
Siamo davanti ad un atto vigliacco di matrice fascista, compiuto con premeditazione.
L’evento rientra nella campagna revisionista che da anni cerca di riscrivere la Storia di questo paese ad uso e consumo delle classi dominanti.
Questa volta il pretesto, come candidamente ammesso dallo stesso segretario romano di Forza Nuova, sarebbe stato il convegno sulle foibe organizzato nelle settimane scorse nella facoltà di Lettere. Sotto accusa sarebbe stato l’intervento della nota ricercatrice e storica triestina Alessandra Kersevan (cfr. Corriere della Sera 27-5-2008).
In occasione del convegno alcuni esponenti della citata organizzazione neofascista, a partire dall’europarlamentare Roberto Fiore, e, cosa assai più grave, alcuni importanti quotidiani nazionali (i quali hanno riportato tali affermazioni senza nemmeno verificarne la veridicità) hanno ignobilmente accusato gli organizzatori e la stessa storica triestina, di aver compiuto una operazione di “negazionismo”.

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Verona, dove il Carroccio si tinge di nero

di Paola Bonatelli

su Il Manifesto del 03/06/2008

Stefano Torre, di Fn, complice degli assassini di Nicola Tommasoli, è solo l’ultimo esempio dei legami tra Lega e estrema destra

Furono due giovani legati a Forza Nuova ad accompagnare nella fuga in Austria Nicolò Veneri e Federico Perini, due dei cinque aggressori di Nicola Tommasoli, il ventinovenne veronese morto un mese fa per le lesioni subite senza essere mai uscito dal coma. I due nuovi indagati, l’accusa è di favoreggiamento, hanno 19 e 25 anni, e del più giovane non è stato reso noto il nome. L’altro è Stefano Torre, capolista di Forza Nuova in circoscrizione, non eletto ma indicato successivamente come membro della Commissione Politiche giovanili della circoscrizione nientemeno che dalla Lega Nord. Così, mentre il Tribunale del riesame, cui avevano fatto ricorso i legali di quattro dei cinque giovani, detenuti nel carcere di Montorio, rende note le motivazioni del rigetto dell’istanza – i cinque, secondo i giudici, non avevano intenzione di uccidere ma «malgrado la loro giovane età presentano profili preoccupanti che palesano pericolose e incomprensibili inclinazioni alla violenza» – la città, o meglio la sua parte «sana», si interroga sui legami tra la Lega, che con Flavio Tosi al 61% ha stravinto le scorse amministrative, e le destre più o meno estreme. Niente di nuovo, dice chi studia e denuncia da anni il fenomeno che unisce Carroccio, destre (istituzionali e radicali) e integralisti cattolici in una trama tanto evidente quanto misconosciuta. Eppure, dato che stavolta c’è scappato il morto, qualcosa potrebbe cambiare anche nella percezione di chi ha votato per la «sicurezza» di Tosi e camerati.

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