Presentazione del libro “L’utopia della base”

dal Dipartimento della Cultura

 

Saranno gli autori, Francesco Corsi, Pietro Peli e Stefano Santini, a presentare il libro dal titolo “L’utopia della base”.
L’iniziativa avrà luogo mercoledì 23 maggio p.v. alle ore 17,00 presso i locali della libreria Gaia Scienza.
Interverrano Catia Sonetti ( direttrice Istoreco ) e Luca Lenzini (Centro studi “Franco Frontini”).
Coordina i lavori, Antonio Parenti, Responsabile Dipartimento Cultura del PRC di Livorno.

          [ Clicca sull’immagine per ingrandire ]

 

Quei ribelli degli europei

di Paul Krugman – Nobel per l’economia 2008 –

Dopo le elezioni che si sono svolte in diversi paesi europei, i tedeschi cercheranno di resistere il più possibile con la lora linea di ultra-austerità. Ma la vittoria di Hollande in Francia segna una svolta: sia l’euro che il progetto europeo hanno maggiori probabilità di sopravvivenza rispetto a qualche anno fa.

I francesi si stanno ribellando. E i greci fanno altrettanto. Era ora. Domenica, sia in Francia che in Grecia si sono tenute delle elezioni che erano in realtà dei referendum sull’attuale strategia economica dell’Europa – e in entrambi i casi gli elettori hanno risposto mostrando un deciso pollice verso. Non è dato sapere quanto tempo occorrerà prima che quei voti possano tradursi di fatto in una svolta nella linea politica, di certo però la strategia improntata alla “ripresa attraverso l’austerità” è ormai agli sgoccioli – ed è un bene che sia così.

Inutile dire che questo non è ciò che i soliti sospetti andavano affermando nel periodo che ha preceduto le elezioni. È stato piuttosto divertente osservare gli apostoli dell’ortodossia che tentavano di ritrarre il cauto, garbato François Hollande come una figura minacciosa. È «alquanto pericoloso», ha affermato The Economist, aggiungendo che [Hollande] «crede davvero nell’esigenza di creare una società più equa». Quelle horreur!

Di sicuro c’è che la vittoria di Hollande segna la fine del “Merkozy”: l’asse franco-tedesco che negli ultimi due anni ha imposto il regime di austerità. Una conseguenza che si potrebbe considerare “pericolosa” se quella strategia stesse dando dei frutti, o avesse quanto meno delle ragionevoli probabilità di darne. Ma non è così. È venuto il momento di guardare altrove. A quanto pare, gli elettori europei sono più saggi della loro élite politica. Leggi tutto “Quei ribelli degli europei”

Saviano, prima di parlare di Gramsci leggi almeno l’indice

 

di Alberto Burgio
Martedì scorso sulla Repubblica Roberto Saviano ha recensito con toni entusiastici un libro sulle «due sinistre»: quella rivoluzionaria, brutta, sporca e cattiva, impersonata da Antonio Gramsci, e quella riformista, buona e gentile, rappresentata da Filippo Turati. Il libro, opera di Alessandro Orsini, giovane sociologo politico, sembra a Saviano niente meno che «la più bella riflessione teorica sulla sinistra fatta negli ultimi anni»…
La tesi del libro è semplice e niente affatto inedita. Da una parte c’è la sinistra riformista, realistica, sinceramente preoccupata delle sorti dei subalterni, quindi capace di valorizzare le piccole conquiste giorno per giorno (in una prospettiva che qualche tempo fa si sarebbe definita «migliorista»); dall’altra, la sinistra rivoluzionaria, violenta e pretenziosa, accecata dall’ideologia e intollerante delle altrui posizioni (la sinistra, per intenderci, dei faziosi e dei «fondamentalisti»).
Inutile dire che questa seconda sinistra – abituata ad aggredire gli avversari a suon di insulti e pugni in faccia, quindi un po’ fascista – è per Saviano la sinistra comunista, erede, scrive, della «pedagogia dell’intolleranza edificata per un secolo dal Partito Comunista»; mentre l’altra – riformista – è la sinistra socialista. Come nelle fiabe della nonna, insomma, tutti i buoni da una parte, tutti i cattivi dall’altra: un bel quadretto manicheo che la dice lunga sulla raffinatezza del personaggio e la complessità della sua visione.
Ma qual è il punto? Saviano, mascotte della fazione progressista, si arrabatta come può nell’argomentare, a suon di esempi ad hoc e citazioni estrapolate, una tesi inconfutabile perché arbitraria. Gli si potrebbe ricordare, se ne valesse la pena, che Benito Mussolini – non propriamente un campione di mitezza e tolleranza, come proprio Gramsci gli potrebbe ricordare – venne fuori dalle file socialiste, che del socialismo italiano sono purtroppo eredi i più facinorosi colonnelli berlusconiani e che senza i comunisti questo Paese non avrebbe avuto né la Resistenza né quella Costituzione antifascista che Saviano giura di venerare. Ma ne vale la pena?
No. E nemmeno merita tempo indugiare su altre stranezze di questo articolo: il suo argomentare a favore della mitezza ricorrendo a caricature e a mistificazioni; il suo perorare la causa delle buone eresie accodandosi ai più vieti luoghi comuni; il suo ridurre una vicenda complessa e contrastata a uno povero schemino di cui anche uno studentello svogliato si vergognerebbe. Meglio lasciar perdere, e limitarsi a constatare, desolati, a che cosa ci si può ridurre quando si è mossi dalla preoccupazione di piacere e di seguire l’onda. A Saviano diamo solo un suggerimento: legga quanto Gramsci scrive sul servilismo degli intellettuali. E stia tranquillo, non dovrà leggere tutti i Quaderni (il tempo, si sa, è denaro): nell’edizione c’è un ottimo indice analitico.

FOIBE: BARBERA (PRC-FDS), QUERELA PER IL GIORNALISTA RAI UNO ALDO FORBICE

“Ho dato mandato ai miei legali di predisporre una querela nei confronti del giornalista di Rai Uno, Aldo Forbice, per le sue gravi affermazioni nei miei confronti rilasciate nel corso della trasmissione “Zapping” di venerdì scorso, in riferimento ad un mio comunicato stampa sulle foibe che aveva l’unica colpa di ricordare le vittime slave infoibate dal regime fascista. Le affermazioni di Forbice, durante l’intervista di Isabella Rauti, sono gravemente lesive della mia dignità e onorabilità in quanto, distorcendo i contenuti di un mio comunicato stampa, erano finalizzate ad attribuirmi, ingiustamente, una posizione ‘negazionista’ nei confronti della vicenda storica delle ‘foibe’. Affermazioni, queste, che sono peraltro in netto contrasto con quanto dichiarato nel mio comunicato in cui si rammentavano, invece, proprio quelle responsabilità che molti, in questi giorni, a causa di pregiudizi ideologici e politici, fanno finta di dimenticare, distorcendo la Storia e gettando discredito sui quei valori di libertà, democrazia e giustizia sociale che animarono la Resistenza e la lotta di Liberazione dal nazi-fascismo in Italia e in Europa. E’ grave che un giornalista della Rai, in una trasmissione pubblica, si permetta di fare certe affermazioni così poco accorte, senza approfondimenti e diritto di replica”.

E’ quanto dichiara Giovanni Barbera, membro del comitato politico romano del Prc-Federazione della Sinistra e presidente del Consiglio del Municipio Roma XVII.

Giorno del ricordo: un altro punto di vista

di Bianca Bracci Torsi

È una recente acquisizione la ricorrenza nazionale del ricordo degli italiani giustiziati e gettati poi nelle foibe slave accomunati alla Giornata della memoria, dedicata ai morti nei campi di sterminio tedeschi in gran parte per la sola colpa di appartenere ad una etnia che gli uccisori dichiaravano meritevole di sterminio, dal dato comune dell’innocenza: tutti ugualmente vittime di odio razziale, tutti senza colpe. Ma gli ebrei erano cittadini italiani, tedeschi, polacchi, francesi e slavi, da secoli, i rom trascorrevano la loro esistenza nomade in giro per l’Europa da millenni, c’erano fra loro ricchi e poveri, persone più o meno oneste, ma nessuno di loro aveva invaso un paese e oppresso un popolo.

Si può dire altrettanto degli italiani in quel pezzo di Yugoslavia che le potenze vincitrici della prima guerra mondiale avevano assegnato all’Italia nella spartizione dell’ex Impero Asburgico? Quella che era stata una delle tante società multietniche europee fu brutalmente italianizzata dal divieto di parlare la propria lingua, mentre i propri cognomi venivano cambiati per legge, gli autoctoni trattati come i popoli delle colonie, potevano essere espropriati delle proprie case e dei propri campi, per lasciare spazio ai coloni italiani e dovevano sottostare a Prefetti, Questori, Dirigenti scolastici e padroni di aziende e campagne arrivati da Roma. Privi di ogni diritto i popoli slavi erano soggetti a tutti gli obblighi delle leggi fasciste compreso il richiamo alle armi: chi fuggì per unirsi ai partigiani, fu fucilato come disertore. Il tutto si aggravò con la occupazione militare italo tedesca contro la quale insorse una delle più ampie e valorose resistenze europee. Dopo la liberazione, come in tutti i Paesi occupati, furono giustiziati gli occupanti, italiani e tedeschi e i collaborazionisti locali. Come ovunque ci furono certo dei morti innocenti o con responsabilità limitate ma il movente di quelle esecuzioni non aveva niente a che fare col razzismo, caso mai con l’odio di un popolo che aveva visto uccidere, deportare, angariare e umiliare tanti dei suoi. Le pulizie etniche e le stragi di innocenti ci furono e non solo per mano tedesca ma nessuno ne parla e nessuno propone nel nostro paese, una giornata del rimorso per ricordare uomini, donne e bambini di interi villaggi e perfino i giovanissimi allievi di una scuola ortodossa massacrati dall’esercito italiano perché colpevoli di essere libici o eritrei, albanesi o slavi.