Secondo il Il 28esimo rapporto Ecosistema urbano di Legambiente e Ambiente Italia, pubblicato recentemente dal Sole 24 ore, la città di Livorno è all’ 86° posto tra i 105 capoluoghi di provincia italiani per verde urbano procapite. La città peggiore della Toscana, da questo punto di vista. Nel 2020 l’amministrazione ha messo a bando ed assegnato a privati la gestione della Fortezza Nuova, polmone verde del centro cittadino. Come Rifondazione Comunista abbiamo segnalato mesi fa le criticità di questa operazione, quando è stata preclusa la fruibilità delle aree designate come parco pubblico. I gestori dovrebbero avere come riferimento principale la natura pubblica e di aggregazione della Fortezza e non limitarne l’accesso e il godimento ai cittadini, mai. Quando, come è successo quest’estate, la Fortezza viene occupata da stand gastronomici e tavoli, o da palchi con le loro platee, e quando una volta smontati gli stand gastronomici si è proceduto a chiudere la struttura in orari arbitrari, allora di parco pubblico rimane veramente poco. Per questo Rifondazione plaude alla mozione presentata da Buongiorno Livorno ed approvata all’unanimità in Consiglio Comunale, con la quale si chiedono verifiche sulla gestione della Fortezza Nuova e su eventuali violazioni degli obblighi da parte del concessionario – violazioni che potrebbero permettere al Demanio di dichiarare decaduta la concessione.La Fortezza Nuova deve essere preservata nella sua natura di bene comune a vantaggio di tutta la cittadinanza: continueremo a vigilare sostenendo ogni azione vada in questa direzione e denunciando ogni situazione poco chiara.
Deliri novax omofobici e maschilisti del leghista Gasperini: dimissioni subito!
Comunicato del Coordinamento No Carovita Day
Il corteo No Caro Vita Day, organizzato in maniera unitaria da forze della sinistra di classe, che hanno condiviso un percorso assembleare il cui scopo era rimettere al centro del dibattito politico cittadino le questioni dirimenti ed impellenti per le classi popolari, ha portato circa 700 persone a sfilare per la città, motivo per cui il coordinamento che lo ha organizzato si ritiene più che soddisfatto.
Era necessario dire basta ai licenziamenti, alle delocalizzazioni, alle liberalizzazioni del lavoro portuale tramite le autoproduzioni, agli aumenti di bollette, benzina, ai tagli alla sanità ed alla scuola, ricordando che questi sono i veri temi centrali su cui si dovrebbe far luce oggi, anziché distogliere l’attenzione per parlare di green pass e libera scelta dai vaccini, non curanti di una pandemia che, oltre ad aver fatto una strage (mai tanti morti dalla fine della seconda guerra mondiale fonte ISTAT), ha generato una crisi sanitaria prima, una economica dopo, ed una culturale conseguente. Una crisi economica messa, come sempre accade, dal governo Draghi sulle spalle delle classi subalterne. In città serviva quindi lanciare un messaggio dopo settimane in cui il centro rimaneva in ostaggio delle follie dei no green pass (alias no vax), momenti nei quali si poteva assistere a centinaia di persone che sfilavano capitanate da capipopolo che parlavano di pochi anni di aspettativa di vita per chi si è vaccinato, di persone trasformate in “fertilizzanti” dalla Big Pharma, quindi di libertà individuale – in barba a 130.000 morti e molte persone sul lastrico – come “valore universale”. Le nostre preoccupazioni sono invece quelle di chi oggi conosce bene la vera dittatura alla quale siamo sottoposti da sempre: quella economica! Quella che con questa pandemia ha evidenziato tutti i limiti del sistema liberista, il quale non ha fatto a meno delle logiche del profitto e della geopolitica (esercitata attraverso i brevetti) anche di fronte a quattro milioni di morti.
I diritti primari sono stati soppiantati dal mercato, nel lavoro, con le delocalizzazioni, le liberalizzazioni, il precariato e la lotta al ribasso nelle condizioni di lavoro e nei salari; nella scuola e nella sanità, con i tagli che vanno a favorire sempre di più le privatizzazioni; e dulcis in fundo, a ridosso di mesi di restrizioni, con l’aumento dei costi dei servizi e della benzina.
La bolla mediatica creata dal green pass, misura burocratica ipocrita ma avversata da partiti e sindacati con altrettanta ipocrisia, e senza la necessaria chiarezza, ha tutelato le pulsioni reazionarie ed individualiste che sono sfociate in manifestazioni imbarazzanti, le quali si sono contrapposte inevitabilmente alla tutela della salute pubblica. Il governo e Confindustria hanno spinto la vaccinazione solo per salvare la produzione e i profitti, esattamente come ha agito quando non c’erano i vaccini, lasciando le fabbriche aperte e gli operai senza i necessari DPI e facendo aumentare i contagi. D’altra parte, oggi non possiamo omettere che chi vuole togliere il green pass lo fa perché chiede libertà di scelta vaccinale, chiedendo di sostituire magari questi con i tamponi gratuiti e negando così i dati oggettivi che emergono confrontando il 2020 ed il 2021, considerato che oggi 95 ospedalizzati su 100 non hanno nessuna dose (!).
Se il nostro obiettivo quindi deve essere quello di tutelare la salute collettiva, per fare opposizione in maniera cosciente e sensata, ma soprattutto responsabile nei confronti delle stesse masse popolari e dei lavoratori, non dobbiamo far perdere di vista la necessità di indicare la vaccinazione come mezzo primario per uscire dalla fase pandemica, per la quale è necessaria una distribuzione globale libera da brevetti che hanno funzione di geopolitica, affinché anche nei paesi poveri si arrivi a una vaccinazione di tutti. Questa pandemia deve essere semmai un’occasione per rivendicare, oltre ad un rafforzamento della sanità pubblica, una ricerca ed una produzione farmaceutica pubblica, libera dalle logiche di mercato, oltreché un’informazione corretta libera da fake news e show TV condite di negazionisti. Quindi un piano vaccinale globale per evitare la formazione di varianti e di vedere intere popolazioni del terzo mondo dover aspettare il 2023 per ricevere la prima dose.
Un esempio che è arrivato, non a caso, da Cuba, isola affossata da più di sessant’anni di blocco economico, che nonostante questo ha sviluppato ben quattro candidati vaccinali, uno pediatrico, grazie ai quali questo 15 novembre potrà finalmente riaprire e salutare tutte le restrizioni. Questi sono gli esempi a cui dovremmo guardare, evitando opportunismi di sorta, politici o sindacali, questo era il messaggio politico che volevano lanciare, senza ambiguità. Motivo per quale, il corteo, come il manifesto, oltre a riportare il tema centrale, ovvero “no caro vita day”, riportava anche “altro che green pass e libertà individuale!”, quella libertà astratta e fittizia che è insita nella società liberista che non può essere in nessun modo accarezzata. Adesso che abbiamo riportato al centro del dibattito politico cittadino i temi che erano e saranno primari nelle classi popolari, ogni aderente, organismo e associazione continuerà la sua lotta nella medesima direzione sperando di aver dato un segnale unitario e necessario alla città.
COORDINAMENTO NO CAROVITA DAY
No carovita day: gli interventi del PRC
Sabato 13 novembre si è svolto il corteo “No carovita day”. Oltre 500 persone hanno sfilato per le vie del centro, manifestando contro le politiche economiche antipopolari che strangolano la classe lavoratrice. Tra le forze che hanno promosso e organizzato l’iniziativa anche la federazione livornese del PRC.
13 NOVEMBRE: NO CAROVITA DAY!
🔴 NO CAROVITA DAY 🔴
Sabato 13 novembre 15:30
corteo cittadino a #livorno
partenza da piazza Cavallotti
Il governo Draghi indisturbato scarica la crisi su studenti, precari, lavoratori e pensionati mentre da mesi manifestazioni no vax polarizzano il dibattito politico distogliendo l’attenzione dai veri problemi delle classi popolari!
Basta autoproduzione in porto!
Basta precariato!
Basta tagli alla sanità!
Basta delocalizzazioni!
No alla deregolamentazione della logistica!
Fermiamo l’aumento dell’età pensionabile!
4 novembre: presidio contro le missioni militari a Livorno!
4 novembre antimilitarista:
PRESIDIO ITINERANTE A LIVORNO!
Ritrovo h17 davanti alla Prefettura
Il 4 novembre, anniversario dell’armistizio dell’Italia con l’Austria-Ungheria che pose fine alla prima guerra mondiale, si celebra la festa delle Forze Armate e dell’unità nazionale. Moltissimi furono i disertori e coloro che espressero un deciso rifiuto della guerra. Nella prima guerra mondiale morirono 600 mila soldati italiani per gli interessi della monarchia e dei circoli finanziari e militari ad essa legati. La retorica dell’unità nazionale fu usata per giustificare questo massacro.
Oggi come ieri, la retorica dell’unità nazionale viene usata per giustificare i sacrifici imposti ai ceti popolari: la manovra appena varata dal governo prosegue con le politiche di sfruttamento, povertà, riduzione delle spese sociali, prevede tagli al reddito di cittadinanza e l’aumento dell’età in cui si può andare in pensione, mentre aumentano drammaticamente infortuni e morti sul lavoro.
Le uniche spese che continuano a crescere sono le spese militari, mentre con l’innovazione digitale e la svolta ecologica previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza l’industria bellica avrà finanziamenti aggiuntivi.
INOLTRE:
- dal 1° novembre il governo permetterà ai padroni di licenziare anche nelle piccole e medie aziende e nei settori in crisi: questa è la ripresa!
- il governo Draghi invia truppe, navi ed aerei ai quattro angoli del mondo, con la scusa di difendere gli interessi nazionali, che sono soprattutto gli interessi delle multinazionali come l’ENI e le industrie produttrici di armi.
Le forze armate in tempo di guerra saccheggiano gli altri paesi, in tempo di pace saccheggiano il proprio imponendo povertà disoccupazione precarietà.
il 4 novembre saremo in piazza per contestare la retorica nazionalista e patriottica,
per far sentire la nostra voce contro il militarismo, espressione di dominio, di sessismo machista , di esaltazione della forza e della gerarchia,
per il ritiro immediato delle missioni all’estero,
per il taglio delle spese militari.
4 novembre antimilitarista
Presidio itinerante nelle piazze del centro
Ore 17 di fronte alla Prefettura (P. Unità d’Italia), ritrovo e inizio.
- Per il ritiro delle missioni di guerra
- Contro la politica del governo che con la legge di bilancio taglia reddito pensioni e salari per sostenere le spese militari
- Contro il militarismo e la retorica della guerra
- Contro la festa delle Forze Armate che celebra il massacro della prima guerra mondiale
Coordinamento cittadino per il ritiro immediato delle missioni militari italiane all’estero