Rifondazione al Toscana Pride 2022

Rifondazione Comunista parteciperà sabato 18 giugno al corteo dell’orgoglio LGBTQI+ per riaffermare il sostegno del nostro Partito al pieno diritto di uguaglianza di quella che è anche la nostra comunità.
In occasione del primo Pride ospitato nella nostra città di Livorno, siamo fieri di contribuire con un piccola novità che ci riguarda direttamente. Nelle tessere di iscrizione al nostro partito è adesso possibile poter esprimere un’identità di genere diversa da quella binaria M/F. Si tratta di uno degli ultimi risultati dell’impegno a rendere nostro patrimonio comune la necessità di modificare radicalmente le modalità di approccio politiche verso l’inclusione e la piena partecipazione di tutti, tutte e tuttu.
Il contrasto all’omobitransfobia richiede un impegno concreto costituito soprattutto da azioni che devono partire dal nostro quotidiano. Non basta indignarsi ad ogni aggressione, perché l’odio, la diffidenza e l’esclusione sono fatti costitutivi rispetto ai quali la violenza costituisce solo la punta di iceberg.
Da comunisti saremmo inoltre lieti di vedere tutte le aziende che si colorano di arcobaleno adesso, durante questo “pride month”, impegnarsi concretamente tutto l’anno per una reale inclusione delle persone LGBTQI+ nei rispettivi posti di lavoro e non assistere invece al brutto spettacolo del “pink washing” solo per vendere più prodotti alla nostra comunità.

Referendum 12 giugno: la giustizia è una cosa seria!

Il Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea esprime un giudizio negativo dei quesiti sottoposti a referendum il 12 giugno e delle ragioni sottese alle proposte di abolizione normativa. Va ricordato che i temi provengono dai radicali, ma l’indizione della consultazione elettorale è dovuta all’approvazione di nove Consigli regionali guidati dalla destra, senza che i proponenti abbiano presentato alla Corte di Cassazione le firme raccolte. Ciò determina, oggettivamente, l’appropriazione e lo stravolgimento della destra politica del tema della “giustizia giusta” scippato agli stessi radicali. Questo fatto ha ulteriormente spostato la discussione sul piano di un falso garantismo, quello esclusivo appannaggio dei ricchi, e di una rivincita della politica contro la magistratura “politicizzata” paralizzante i cittadini di buona volontà.

Va inoltre sottolineato l’utilizzo improprio dello strumento di democrazia diretta disciplinato ex art. 75 della Costituzione, pensato dai costituenti non per modificare qualsiasi legge, ma per far partecipare la cittadinanza a decisioni di portata generale ovvero in materia di diritti soggettivi prevalentemente personali. I cinque referenda sono invece caratterizzati da materie iper-specifiche ed iper-tecniche. Ciò alimenta la pericolosa disaffezione al voto già estesissima, specie tra i ceti sociali popolari più in sofferenza per la crisi economica e, d’altra parte, giustifica una campagna per l’astensione volontaria e militante finalizzata ad evitare il raggiungimento del quorum.

Nel merito Rifondazione Comunista invita tutte le compagne e i compagni a bocciare i cinque quesiti sottoposti alla consultazione: votando NO ovvero, in via subordinata, disertando le urne per non far raggiungere il quorum. La scelta di bocciare i quesiti non presuppone la volontà di conservare un sistema giustizia amministrato in maniera profondamente iniqua. Non vogliamo difendere l’attaccamento al potere – politico, economico e in qualche caso anche opaco – di settori della corporazione per spingere le carriere dei singoli negli uffici direttivi di Procure, Tribunali e Corti. Queste storture, tuttavia, non sono causate da un eccesso di politica delle correnti della magistratura, ma da un deficit di politica intesa come confronto trasparente e democratico sulle idee diverse e sui mezzi con cui realizzarle. Va sottolineato che non c’è un problema nella Magistratura – con buona pace della maggioranza politica in Parlamento – del mandato elettorale di troppi suoi esponenti. Il problema è, invece, che troppi magistrati preferiscono gli uffici legislativi dei Ministeri, delle Agenzie fiscali o delle Autorità indipendenti alle aule di Giustizia. Noi siamo il partito del sistema giudiziario e penale della Costituzione e, dunque, siamo il partito del giusto processo.

L’azione penale quindi deve essere obbligatoria ed esercitata da un magistrato con solidissima cultura giurisdizionale, non da un funzionario a capo della polizia giudiziaria. In questo quadro sosteniamo che: un sistema di garanzie vada possibilmente esteso riducendo al minimo il diritto penale e il carcere a extrema ratio. Non può, però, sfuggire che in Italia la corruzione e i delitti contro la p.a. sono ancora molto diffusi. Siamo, infatti, il 56° Stato per corruzione percepita nella classifica di Trasparency International. Non si può dunque, in una situazione del genere, pensare di abolire il testo unico Severino. L’unico tema oggetto di voto problematico è quello relativo all’abuso della custodia cautelare, spesso in senso classista, posto in essere attraverso l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato. La scelta per il NO, in questo caso, non preclude la necessità di una ridiscussione della norma. Oggi, però, impedire l’utilizzo della misura cautelare tutelerebbe meno i cittadini anche a fronte di gravi reati ambientali o alla progressione criminosa, per esempio nel delitto di atti persecutori o maltrattamenti in famiglia.

La Federazione provinciale di Teramo di Rifondazione Comunista invita quindi tutta la cittadinanza a votare cinque NO per bocciare senza appello questo Referendum, perché la giustizia è una cosa seria.

Mirko De Berardinis
Segretario provinciale Federazione di Teramo
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Il Documento approvato dalla Direzione Nazionale del PRC-SE il 05/06/2022 relativo ai quesiti referendari sulla giustizia:
👇🏻 http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=50818

Scheda informativa sui quesiti del Referendum Giustizia 2022:
👇🏻 http://www.rifondazione.it/primapagina/?page_id=50793

Intervista al nostro compagno Giovanni Russo Spena Responsabile Nazionale Area democrazia, diritti, istituzioni PRC-SE:
👇🏻
http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=50804

👉🏻 Visitate il sito: www.rifondazione.it

Giovedì 2 giugno tutte e tutti alla manifestazione nazionale a Coltano!

2 Giugno Corteo nazionale – Nessuna base per nessuna guerra – No base né a Coltano né altrove

Partito della Rifondazione Comunista – Toscana
Partito della Rifondazione Comunista federazioni di Pisa e Livorno

Giovedì 2 giugno tutte e tutti alla manifestazione nazionale a Coltano. Per dire no alla base militare né lì né altrove, per costruire un’altra agenda politica di pace e giustizia sociale.

Giovedì 2 giugno tutte e tutti a Coltano, per la grande manifestazione nazionale con la quale dire no alla base militare, né lì né altrove. Sembrano bastare i numeri per spiegare le ragioni del NO: 190 milioni di fondi pubblici (PNRR, Fondo di coesione sociale), 73 ettari all’interno di un parco naturale,  440 mila metri cubi di cemento per fare una cittadella militare e opere affini. Quei 190 milioni non avrebbero dovuto essere piuttosto investiti in sanità, edilizia scolastica, abitazioni, trasporti anziché continuare a vedere tagliare la spesa sociale?

Eppure c’è anche di peggio: nessuno dei pubblici amministratori ha detto di sapere, finché è stato documentalmente comprovato il contrario, dal Presidente della Regione al Sindaco di Pisa ecc. Così le forze politiche che essi esprimono, mentre il governo che sorreggono sfornava non uno ma ben due DPCM “segreti” con i quali si dava il via libera al progetto prima, e poi si faceva solo opera di maquillage logistico, confermando tutto: è evidente che destre e PD (PD con cui è impossibile pensare di creare qualsiasi alleanza, “larga” o “stretta” che sia, di centrosinistra) sono legati a doppia catena agli interessi del complesso industrial-militare e dei gruppi di potere edilizi e finanziari nel nostro paese e, pur in modi diversi, a livello europeo. E nonostante l’opera di svelamento e mobilitazione del movimento che è lì sorto, il suo collegarsi e radicarsi, l’impegno del Consigliere Auletta, dei compagni di Una città in Comune e Rifondazione Comunista di Pisa, a cui va tutto il nostro ringraziamento. Non ultimo l’impegno per portare in Parlamento una interrogazione presentata dalle deputate del neo-gruppo ManifestA a cui facciamo riferimento insieme ad altre forze politiche.

Come Rifondazione Comunista ci siamo mossi subito anche fuori da Pisa, a livello di federazioni toscane, come Regionale e come Nazionale, per sostenere la lotta e per la riuscita della manifestazione nazionale, a cui invitiamo tutte e tutti a partecipare. Solo un paio di riflessioni in più. 

La prima è che siamo di fronte ad amministratori e forze politiche che hanno mentito alle cittadine e cittadini, che hanno sostenuto e sostengono il progetto, che ormai appartengono non al legittimo gioco politico di una democrazia, ma sostanzialmente ad una a – democrazia che pretende di ricevere cambiali in bianco e di non rispondere a nulla e nessuno se non a poteri forti con cui relazionarsi a discapito del mandato popolare. Il campione di questa idea della politica ci pare su tutti il presidente Giani: quello della gestione “corporativa” della pandemia, quello che è rimasto in sella e anzi promosso nonostante il suo atteggiamento al momento del voto sul famoso emendamento relativo alla deregulation in tema ambientale per le concerie, quello che accetta che la Regione prenda dividendi dal privato proprietario degli scali di Firenze e Pisa invece che destinarli a salvare posti di lavoro, e che ora non sapeva di un progetto come questo. Incapacità? Altro? Non sta a noi dare un giudizio tecnico, ma un giudizio politico definitivo ci spinge a reiterare la richiesta di sue immediate dimissioni. 

La seconda riflessione è sullo sviluppo del movimento contro la guerra, per la pace e aggiungiamo per la giustizia sociale, strettamente intrecciate. Uno sviluppo che deve – e ne siamo certi lo sarà – essere posto immediatamente dopo la manifestazione di giovedì, che deve radicarsi in ogni territorio della Toscana, visto che essa non solo a Pisa si sta trasformando nella punta di diamante di una piattaforma logistica militare a livello nazionale. 

Non è questa la Toscana che vogliamo, non lo è nemmeno, ne siamo certi, per la stragrande maggioranza delle toscane e dei toscani. Per questo radicamento e per dare continuità al movimento noi  metteremo il massimo impegno, chiedendo a tutti di fare altrettanto con spirito positivo, aperto, plurale.  Se non ora, quando?

Partito della Rifondazione Comunista – Toscana
Partito della Rifondazione Comunista federazioni di Pisa e Livorno

2 Giugno Corteo nazionale – Nessuna base per nessuna guerra – No base né a Coltano né altrove

Anche a Livorno, il taser è una pessima idea

Da oggi anche a Livorno le forze di polizia avranno in dotazione le pistole a impulso elettrico, dette taser.

Il sottosegretario leghista all’interno Laura Molteni qualifica questi strumenti come “di difesa e non di offesa, di sicurezza e non di violenza”. In realtà noi pensiamo che l’adozione dei taser sia una pessima idea. In merito rilanciamo alcuni brani di un articolo di Maria Pia Calemme da Transform! Italia, di cui consigliamo la lettura integrale.

“[…] Nonostante le affermazioni secondo le quali il taser sarebbe un’arma non letale e, addirittura, salverebbe delle vite (come sostiene l’azienda Axon), che comunque ammette un potenziale di letalità dello 0,25%, non sono solo le associazioni per la tutela dei diritti umani a sostenerne i rischi.

[…] Il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti (dove il taser è in uso dagli anni ‘90), nel 2021 ha prodotto un interim report sulle morti verificatesi a seguito dell’uso del taser, nel quale si afferma, tra l’altro, che “un significativo numero di individui sono deceduti dopo l’esposizione a un dispositivo a energia condotta (CED). Alcuni erano adulti sani e normali; altri erano tossicodipendenti o erano affetti da malattie cardiache o mentali. […] Molti aspetti della sicurezza della tecnologia CED non sono ben noti, soprattutto per quanto riguarda i suoi effetti su popolazioni diverse dai normali adulti sani (cioè individui a rischio)”.

[…] Aver preso l’esempio americano per introdurre anche in Italia le pistole elettriche non è stata una buona idea: non serve un grande sforzo per immaginare che il taser verrà utilizzato per affrontare le situazioni meno pericolose. Come dimostra proprio l’esperienza statunitense, infatti, non è un’alternativa innocua alle armi da fuoco, bensì un’alternativa potenzialmente letale ad altri strumenti di immobilizzazione e contenimento.”

NAKBA – CATASTROFE

Il 14 maggio di 74 anni fa, un giorno prima che scadesse il mandato britannico sulla Palestina, Ben Gurion (capo dell’organizzazione sionista mondiale fondata da Theodor Herzl, giornalista austriaco), padre del sionismo, proclamò la nascita dello stato di Israele che non fu una nascita stabilita dall’ONU ma fu una autoproclamazione oltretutto su un territorio abitato in maggior parte da arabi, con una piccolissima percentuale di ebrei.

L’occasione fu fornita dalla risoluzione ONU 181 del 29 novembre 1947, risoluzione che avrebbe dovuto portare la pace in quella zona dove gli arabi erano la maggioranza rispetto al 6% di ebrei. Herzl non pensava affatto di portare gli ebrei della diaspora in Palestina, ma nessuno voleva andare in America o in Africa ed allora, mettendo in campo la mitologia biblica del “popolo degli eletti”, rivolse lo sguardo verso la Palestina.

Intanto il mandato britannico veniva restituito, anche perché i vari gruppi terroristici sionisti colpivano strutture britanniche in modo che lasciassero il territorio dove si erano insediati, ricordiamo il massacro del luglio 1946 al King David di Gerusalemme che provocò un centinaio di morti per mano dei terroristi ebrei dell’Irgun e della banda Stern ai cui vertici si trovavano Begin e Shamir che divennero, nel tempo, importanti e stimati statisti israeliani. L’approvazione di tale scempio era stata data da Ben Gurion, padre fondatore e primo presidente di Israele.

Il 14 maggio del 1948 Ben Gurion proclamò la nascita illegale dello Stato di Israele, leggendo la dichiarazione di indipendenza alla radio Kol Israel .

Poche ore dopo la dichiarazione di Ben Gurion l’esercito mandatario inglese lasciò la Palestina dando via libera alle violenze e atrocità iniziate il 15 maggio contro i villaggi palestinesi.

INIZIAVA COSI’ LA PULIZIA ETNICA, la NAKBA, la CATASTROFE.

Le formazioni paramilitari israeliane dell’Haganà, aiutate dai movimenti terroristi dell’Irgun e della banda Stern che già operavano in terra di Palestina anche sotto mandato inglese, distrussero in pochi giorni 432 villaggi di varie dimensioni. Città come Haifa o Jaffa vennero occupate e bombardate. Gli abitanti cacciati o uccisi o costretti a fuggire per il terrore di essere a loro volta uccisi o fare la fine degli abitanti di Deir Yassin, di Abu Shuba, di Al Arabiya e come quelli di tanti altri villaggi, massacrati senza pietà.

800mila palestinesi furono costretti a lasciare le loro abitazioni portando con sé l’unico ricordo della propria casa, LE CHIAVI, convinti che l’ONU avrebbe, prima o poi, ristabilito i loro diritti e che gli eserciti arabi avrebbero costretto Israele a fermarsi. Ma non andò così, la guerra è andata avanti con vittorie sempre più smarcate di Israele, forte di una dotazione militare abbondantemente aiutata da Washington non solo con mezzi da guerra ma anche con miliardi di dollari.

Iniziò così la Diaspora palestinese, paradossalmente lo stesso anno della dichiarazione dei Diritti Umani, mentre alla faccia del diritto i Palestinesi si videro privati di ogni diritto da parte di uno stato che voleva e vuole tutt’oggi eliminarli dalla loro Terra, distruggerne la cultura e la memoria per fare in modo che questa Terra diventi per loro invivibile.

Nel dicembre del 1948, l’ONU vista la terribile situazione dei Palestinesi sotto occupazione e ferocie violenza di Israele, emanò la Risoluzione 194 con la quale dichiarava il diritto al ritorno nelle loro case e nelle loro terre dei profughi palestinesi, ma Israele non ha mai riconosciuto tale diritto, lo stesso diritto per il quale i palestinesi di Gaza hanno manifestato per ben tre anni con la GRANDE MARCIA DEL RITORNO, marcia pacifica dove i cecchini israeliani attuavano una specie di “tiro al piccione” dalle alture che dividono Gaza dai confini illegali di Israele, che ha procurato più di 300 morti fra i manifestanti e centinaia di mutilati, nell’indifferenza generale del mondo, nessuna sanzione, solo un richiamino ad essere meno “cattivello”.

Mai nessuna risoluzione ONU è stata rispettata da Israele che ha continuato a mangiare terra palestinese, a cacciare i suoi abitanti, a creare insediamenti illegali per coloni ebrei, fino ad arrivare ad oggi con la triste storia, non ultima scintilla provocatoria di Israele a Gerusalemme Est, a Sheick Jarrah dove famiglie palestinesi vengono espropriate dalle proprie case, riaprendo una ferita molto profonda del popolo palestinese che continua a subire la pulizia etnica iniziata nel 1948 ed ancora non terminata.

Il 15 maggio si commemora la NAKBA, contro il volere di Israele che ha votato, alla Knesset, il suo Parlamento, nel 2010, una legge che punisce i palestinesi con cittadinanza israeliana che commemorano la “catastrofe”, Israele non vuole “tristezze” nel giorno della ricorrenza della nascita del suo stato, la memoria dei palestinesi non deve avere visibilità, la pulizia etnica ha le sue regole, la memoria degli eccidi deve essere dimenticata.

Ma la memoria della NAKBA non sarà mai dimenticata e sarà il tormento perenne nel ricordo doloroso del popolo palestinese ma anche di Israele, nonostante che venga vietato la storia nei libri di scuola e la carcerazione per chi osa mostrarsi in strada con i cartelli della “memoria”.

Mariella Valenti
Reponsabile internazionalismo e immigrazione Federazione livornese Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Sulla vicenda del Goldoni negato ad Orsini

Potrebbe essere un'immagine raffigurante attività all'aperto
Lucarelli, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

Secondo il Sindaco di Livorno Salvetti il monologo sull’Ucraina del professor Alessandro Orsini non potrebbe andare in scena al Goldoni sulla base di un regolamento d’uso varato ai tempi dell’amministrazione Nogarin. Un regolamento, comunque mai revocato dall’attuale giunta, che vieterebbe (stupidamente) lo svolgimento di “iniziative che si occupano di politica”. Questo presunto documento è introvabile in rete, almeno sul sito del Comune o del Goldoni (se ne trova solo uno del 2016 che attribuisce una discrezionalità assoluta al teatro). In ogni caso, anche se esistesse ben custodito in qualche cassetto, voi pensate che un monologo sulla guerra in Ucraina sia ipso facto una iniziativa politica?
È evidente che hanno voluto impedire a Orsini di svolgere la sua iniziativa al Goldoni in quanto non è allineato alle posizioni guerrafondaie del governo. Hanno voluto impedire la presentazione di fatti, dati e argomenti che contraddicono il filoatlantismo che ci sta impelagando in una pericolosissima escalation militare.
Noi non siamo d’accordo con molte delle posizioni di Orsini ma siamo soddisfatti di sapere che il suo spettacolo si terrà comunque a Livorno e si terrà in un altro grande teatro, quello de I quattro mori.
Invitiamo il Sindaco Salvetti e la giunta a modificare il regolamento d’uso del teatro Goldoni per evitare di rimediare in avvenire ulteriori figuracce da censori. Quanto all’assessore Lenzi poco da dire, se non che con le sue parole ha qualificato sé stesso (non in modo particolarmente brillante) più che coloro dei quali parlava…

Marco Chiuppesi
Segretario federazione livornese Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea