Gramsci: fascismo e classi dirigenti nella storia d’Italia[1].
di Gianni Fresu
1. Interpretazioni storiografiche sul fascismo.
Il fascismo è probabilmente il tema politico che nella storia d’Italia ha dato luogo alla quantità maggiore di studi, una enorme produzione con diversità di approcci e molteplici implicazioni disciplinari. Stando al campo storiografico esso ha dato luogo a diversi canoni interpretativi che si sono caratterizzati per aver posto la propria attenzione su questo o quell’aspetto – storico, economico, sociale o morale – costitutivo o predominante del fenomeno. Come è noto Renzo De Felice, uno dei massimi studiosi del fascismo, si è confrontato con le diverse interpretazioni storiografiche[2]. Il fascismo, per lui, è uno dei grandi fenomeni del Novecento, tuttavia, esso non è dilatabile al di fuori dell’Europa e del periodo compreso tra le due guerre. Dunque sarebbero del tutto fuorvianti le generalizzazioni che tendono a coprire con l’aggettivo fascista tutte le varianti e tipologie di regimi autoritari e reazionari. Le radici del fascismo sono tipicamente europee e legate alla crisi indotta dal trapasso nella società di massa, e in particolare sono peculiari di quelle società che hanno vissuto le profonde trasformazioni di quel periodo condizionate dai ritardi e dalle debolezze politiche ed economiche ereditate dalla loro storia. Senza entrare in dettaglio su tutte le varianti di questi canoni interpretativi, per comprendere la particolarità e la complessità della lettura gramsciana, penso sia utile soffermarsi, brevemente e in via preliminare, sulle tre interpretazioni fondamentali del fenomeno in rapporto alla Storia d’Italia.
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