Terrorismo, la denuncia di una ong “Gli Usa hanno 17 navi-prigione”

su la Repubblica del 02/06/2008

La denuncia nel rapporto dell’organizzazione Reprieve: “Sono Guantanamo galleggianti” Verrebbero usate per detenere, spostare e forse torturare prigionieri della “guerra al terrore”

Prigioni galleggianti, come una Guantanamo in mezzo al mare, per detenere, interrogare, forse anche torturare e poi spostare in giro per il mondo prigionieri catturati durante la “guerra al terrore”. Questo il ruolo di alcune navi militari americane, sembra diciassette, usate fin dal 2001 come carceri secondo quanto denuncia l’organizzazione non governativa Reprieve in un rapporto che sarà pubblicato abreve e del quale riferisce il quotidiano britannico The Guardian.

Sarebbero almeno duecento, secondo il rapporto, i casi di “rendition”, ovvero trasferimenti occulti in prigioni segrete dislocate in Paesi nei quali possibile praticare la tortura, attuati dal 2006, l’anno ciè in cui il presidente americano George W. Bush aveva assicurato la fine di pratiche di questo genere.

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Un confronto tra culture politiche

di Alberto Burgio

su Liberazione del 03/06/2008

Qualcuno, anche nel Partito, ama rappresentare il nostro dibattito congressuale come una faida. E fa perciò largo dispendio di accuse e caricature. Non è bello ma non meraviglia. Anche questo è un portato della crisi. E’ tuttavia un peccato, per una ragione ben precisa: lo scambio di accuse oscura quanto di più interessante c’è in questo confronto.
Io sono tra quanti ritengono che il principale tema politico del Congresso sia: salvare o sciogliere Rifondazione Comunista? Trovo perciò molto discutibile (anche se credo di comprenderne le ragioni) che cerchi di rimuovere questo tema proprio chi, prima del disastro del 14 aprile (e persino dopo), si è mosso con determinazione lungo l’”irreversibile” percorso del “superamento” del Partito, salvo poi vedersi costretto a frenare dalla disfatta elettorale. Penso però che questo tema, indubbiamente cruciale, non esaurisca la discussione congressuale e forse non ne costituisca nemmeno il cuore.

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Dobbiamo chiederci: sicurezza per chi? Chi minaccia la sicurezza di chi?

di Mercedes Frias

su Liberazione del 31/05/2008

Un’ondata xenofoba senza precedenti. Il razzismo esploso nelle sue manifestazioni più violente. Flebili reazioni. Provano a reagire i soliti, ancora frastornati dalla frana culturale resa evidente dalle urne. E la potenziale opposizione parlamentare sembra anestetizzata. Incapace di dire, di fare, di muoversi in direzione diversa e contraria di quella della maggioranza. Evidentemente tutto marcia come dovrebbe secondo il loro disegno, secondo le loro prospettive di società. Balbettano ancora che la sinistra ha perso perché non ha capito il Paese, perché ha detto cose sbagliate sulla sicurezza. Colpisce però la miopia, la perseveranza nell’inseguire proclami sicuritari, che individuano nell’escluso il nemico, che fa diventare i dati un’opinione e la percezione pilotata l’unica certezza sulla quale costruire proposte rassicuranti delle fobie collettive costruite in mancanza di risposte ai bisogni della gente, all’impoverimento dilagante.

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Neo-fascismo e antifascismo, un’Italia senza memoria

di Raul Mordenti

su Il Manifesto del 01/06/2008

Il manifestarsi aperto e ripetuto del neofascismo a Roma porta alla luce la devastazione politico-culturale che l’ha reso possibile. Non si tratta solo del fatto si sono attesi i pogrom contro gli zingari, i pestaggi contro i gay e i diversi, le spedizioni squadristiche armate contro gli studenti per accorgersi che, forse, nella Roma felix veltroniana qualcosa non andava. Si tratta soprattutto di capire quale fascista immagine del fascismo sia stata lasciata passare in questi anni, fino a che essa è potuta diventare senso comune, egemonia. Ha detto tutto, a questo riguardo, il bellissimo fondo di Sandro Portelli sul Manifesto del 27/5.

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Dai Rosemberg a Mumia Abu Amal: ovvero, quando la democrazia americana è affidata alla cure del boia

di Sergio Ricaldone

da L’ERNESTO

E’ passato più di mezzo secolo, ma quel tragico giorno di 55 anni fa rimane indelebile nella memoria di quanti l’hanno vissuto.

19 giugno 1953, prigione di Sing Sing (New York). Sono da poco passate le 20.00, quando Julius Rosemberg, prima, e sua moglie Ethel, subito dopo, vengono uccisi da una scarica elettrica da 2000 volts c.c. a “nome del popolo americano”. Straziante l’agonia di Ethel: occorsero 20 interminabili minuti e tre micidiali scariche prima che il suo cuore si fermasse.

Difficile dimenticare quelle lunga giornata trascorsa nella vana attesa che la mano del boia fosse fermata. La tragica vendetta degli apparati di potere contro i Rosemberg doveva essere consumata ed avere un grande impatto simbolico: la Casa Bianca, e i centri del potere politico erano pronti a fermare con ogni mezzo il dilagare del comunismo nel mondo. A Milano erano le due di notte quando a Sing Sing furono chiusi i circuiti della sedia elettrica. Come in molte altre città europee, eravamo migliaia a presidiare ancora le vie del centro cingendo d’assedio il consolato USA. Giovani, donne, vecchi e bambini attendevano da ore nella vana speranza di un gesto di clemenza. Poi, un gelido cupo silenzio, seguito da molte lacrime e carico di collera, pose fine a quella drammatica notte.

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Segretario del Partito o Partito del Segretario?

di Enzo Jorfida

E’ questo l’interrogativo che sorge quando si assiste alla personalizzazione della politica. E mentre nel primo caso la Politica si scrive con la “P”,nel secondo caso la scrivo con la“p”. L’americanizzazione del modo di fare politica sta anche in queste modalità. Tutto dipende dal “capo”,anche il Partito, che così non cresce, diventa solo un”ripetitore” del verbo del “capo”.
Si vuol far passare l’idea, già presente nel corpo elettorale sia di destra che di centro, che quando il “popolo” vota. si tratti di un Comune, di una Regione o Provincia, dello Stato o di un Partito, non ha importanza il “collettivo” (consiglio comunale, provinciale o regionale, del Parlamento o di un organismo di Partito) ma bensì l’individuo che sarà posto al vertice di quell’organismo collettivo, che nei fatti viene depauperato dei suoi compiti, prerogative, piccole o grandi che siano.
Il “comune” scompare e prevale, solo e in solitudine,“l’io”.
No, non è questo quello che abbiamo deciso al momento di costituire il PRC, prima Movimento per la Rifondazione Comunista e poi Partito della Rifondazione Comunista.

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